Al di là della mole vastissima di ricerche sugli aspetti archeologici, artistici, storici, simbolici e liturgici del chiostro, che naturalmente non padroneggio, queste sono le «cose», non particolarmente originali, che mi colpiscono ogni volta che metto piede, da semplice turista, in uno di essi. Sono esclusive di questo «oggetto» al tempo stesso architettonico e spirituale? Non lo so.
- Il chiostro è un luogo chiuso, ma anche straordinariamente aperto. E viceversa, è un luogo aperto, ma anche evidentemente chiuso.
- Non ha una funzione precisa, se non quella di passaggio, di transito, di collegamento tra altri luoghi nei quali, invece, si svolgono attività determinate. Ciò nondimeno, o proprio perciò, per alcuni rappresenta il cuore del monastero.
- È un luogo dove (a seconda dei climi, va detto) luce e ombra convivono a distanza di pochi centimetri l’una dall’altra. E la luce può essere abbagliante, come l’ombra profondissima (il medesimo discorso, sempre a seconda dei climi, può essere fatto per il caldo e il fresco).
- Nel chiostro si può camminare per un tempo potenzialmente infinito rimanendo nello stesso posto.
- È un luogo vuoto e silenzioso, che tale è rimasto, riempiendosi di memorie.
- Certo – perché negarlo? –, nel chiostro ci si sente protetti, «al riparo» – per una mezz’ora, per una vita – da quello che c’è fuori.
- I chiostri, quelli medioevali in particolare, sono anche il quadrante di un orologio dove il tempo ha lasciato la sua traccia. Il tempo dei giorni, il tempo dei secoli.
- La bellezza del chiostro non eccede il suo perimetro, la sua cornice. E in questo vi è forse una certa moralità1.
Tre chiostri che abbiamo visitato quest’estate in Spagna: quello del monastero benedettino di Santo Domingo de Silos (Castilla y León); quello della cattedrale di León (Castilla y León); quello della Collegiata di santa Juliana a Santillana del Mar (Cantabria).

Santo Domingo de Silos (foto Potts)

Santo Domingo de Silos (foto Potts)

Chiostro della Cattedrale di León (foto Potts)

Santillana del Mar (foto Potts)

Santillana del Mar (foto Potts)
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- «Il chiostro, con i suoi quattro lati riferentisi all’esemplarità di quel numero (i quattro venti, le quattro stagioni, i quattro punti cardinali), voleva esprimere anche una caratteristica dell’uomo spirituale, l’homo quadratus, tetragono pure in senso morale. I Cisterciensi, in particolare, ameranno dire che il mistero di Cristo è un “mysterium quadratum”, in rapporto con l’edificazione della Gerusalemme celeste e con i quattro aspetti di Cristo stesso considerati dalla mistica cisterciense: Verbum in limo, Verbum sine voce, Verbum mediator, Verbum abbreviatum», G. Penco, Un aspetto della mentalità monastica medievale: la concezione dello spazio, in Il monachesimo tra spiritualità e cultura, Jaca Book 1991, pp. 159-74.