Uno dei personaggi del romanzo di Francesco Biamonti Vento largo, una donna, ha lasciato in seguito a un lutto il piccolo paese dove viveva, nell’entroterra ligure, sopra Ventimiglia. Forse ha preferito cambiare aria anche per questioni poco chiare legate alla vicenda. Dove sia andata il protagonista non lo sa; se lo chiede e lo chiede, e ogni tanto riceve qualche notizia indiretta: Sabèl sta bene.
La donna si è rifugiata sull’Isola di Saint-Honorat, davanti a Cannes, e lavora insieme con un’amica nei campi di lavanda, nelle vigne e nei frutteti dell’abbazia di Lérins. Alloggia nel monastero e condivide spazi e tempi degli altri ospiti laici, in ritiro spirituale o, come lei, temporaneamente fuori dal mondo. Alla sera va a passeggiare sui lunghi sentieri dell’isola, e durante una di quelle passeggiate incontra un monaco: «”Signora, non sta bene? È un po’ che la guardo: è immobile e impietrita.” Il monaco che le parlava dal sentiero aveva i capelli grigi e radi, il volto rugoso e mite. Era quello che ogni tanto, abito chiaro e svolazzante, attraversava il refettorio a grandi passi. Adesso scendeva e qui all’aperto non aveva più nulla di ieratico».
Nel breve dialogo che segue il monaco invita più volte Sabèl a confidarsi, ma la donna è reticente: «”La sera vengo qui”, Sabèl disse; “da quella riga di frangenti si alzano fantasmi musicali. Certe sere seguo il vostro canto. Mi porta via.”
«”La ringrazio. Ma il nostro scopo non è sedurre… Musica e mare! Non mi vuol dire in che la terra l’ha offesa?”»
(Francesco Biamonti, Vento largo, Einaudi 1991.)