Mi sono deciso a leggere, a provare a leggere, giacché si tratta pur sempre di lingua francese del Seicento, il Panegirico di San Bernardo di Jacques-Bénigne Bossuet1, anzitutto per via di Bernardo, del quale tutto vorrei sapere, e poi perché Bossuet occupa un posto di riguardo nella mia penosa enciclopedia mentale, come se il suo nome fosse evidenziato, senza che ne sappia spiegare il motivo, dacché di lui non so praticamente nulla.
Il Panegirico, di cui si conserva il manoscritto autografo con correzioni e varianti, fu effettivamente predicato il 20 agosto 1653 nella Cattedrale di Santo Stefano di Metz, di cui Bossuet era diventato canonico nel 1642, a tredici anni, e che è considerata «la culla del suo talento letterario». È piuttosto lungo (27 pagine a fitta stampa), è diviso in quattro momenti – un esordio, due «punti» e una perorazione –, ed è stato definito «ammirevole», acceso «dalla felice temerità della giovinezza e dal fuoco dell’ispirazione»: «Bossuet non si esprimerà mai in maniera così elevata e più penetrante» (Eugène Gandar).
L’esordio è dedicato alla Vergine, di cui s’invoca l’«assistenza» e di cui Bernardo fu massimamente devoto, e a un «ripasso» dell’azione salvifica dell’incarnazione di Gesù, «divino precettore» e «santo e misterioso compendio» della sapienza divina: «il libro nel quale Dio ha scritto la nostra istruzione». Questo «libro» si è aperto a noi nel modo più chiaro sulla Croce, ai piedi della quale Bernardo si è sempre tenuto (baciandone «i sacri caratteri» – proprio quelli di stampa, intenderei).
Nel primo «punto» Bossuet affronta proprio la «scienza della croce» come è stata interpretata e vissuta da Bernardo, ponendo l’accento soprattutto sulla penitenza e sul disprezzo del mondo. Consideriamo anzitutto il fatto che Bernardo ha fuggito il mondo, abbracciando la religione, a 22 anni, non prima, quando del mondo non avrebbe ancora avuto reale esperienza, né dopo, quando il disgusto, la fatica, la noia e le inquietudini del mondo avrebbero potuto già disilluderlo; e consideriamo poi proprio quell’età, il pieno della giovinezza, il vigore fisico, il calore delle passioni non ancora indirizzate e, nel caso di Bernardo, i nobili natali, la famiglia prestigiosa, il bell’aspetto, la buona educazione, la naturale cortesia e i possibili futuri – «tutto sorride alla giovinezza», e «la speranza gonfia le sue vele». Ebbene, Bernardo rifiuta tutto ciò, per grazia sa già che la vera speranza è quella che si ripone in Gesù, seguendo la sua via. Una via che non passa dai ricchi e famosi monasteri benedettini del tempo, bensì da un’abbazia «ora celeberrima, ma allora sconosciuta e senza nome», Cîteaux, dove «un piccolo numero di religiosi viveva sotto l’abate Stefano». Qui, Bernardo si mortifica senza pietà, «cancellava il gusto, mangiava quello che capitava, beveva acqua o olio indifferentemente», veglia, non parla, prega, «sceglieva per la sua cella un ambiente umido e malsano, non tanto per ammalarsi ma per sentirsi debole – ritenendo che un religioso fosse sano fintantoché potesse pregare e salmodiare».
«Certo, non aveva un corpo di ferro o di ottone: pativa i dolori ed era di debole costituzione», ma ci ha mostrato come non sia il corpo che ci manca, per sostenere la penitenza, bensì il coraggio e la fede. Io so, diceva Bernardo, di non meritare il regno dei cieli, Gesù invece lo possiede per due ragioni: per la sua natura e per i suoi travagli, cioè per eredità, poiché è il Figlio, e per conquista, perché tutto il peggio ha sofferto. Ora, se il Salvatore «si accontenta del primo titolo», mi ha ceduto liberamente il secondo.
«Forse voi mi direte», si avvia Bossuet a concludere il primo punto, «che non è necessario che tutti vivano come lui». Vero, nemmeno tuttavia si può fare il contrario, come accade a noi, che «ci diamo anima e corpo alle folli gioie del mondo; noi, che amiamo la dissolutezza e la buona cucina, una vita comoda e voluttuosa e, dopodiché, vogliamo ancora essere chiamati cristiani». Eh, «se pure non aspiriamo a quella eminente perfezione, nondimeno dovremmo imitare almeno qualche cosa della sua penitenza». Quelque chose.
(1-segue)
______
- Jacques-Bénigne Bossuet, Panégyrique de St. Bernard, in Oraisons funèbres. Panégyriques, texte établi et annoté par l’abbé Bernard Velat, Gallimard, Bibliotheque de la Pléiade, 19512, pp. 287-314.