Archivi tag: Cassiodoro

Rallegrarsi per le mele (Dice il monaco, XXV)

Scrive Cassiodoro, intorno alla metà del VI secolo:

Poiché se per qualcuno dei fratelli, come ricorda Virgilio, “il sangue si arresta freddo intorno ai precordi”, così da impedire una buona conoscenza sia della letteratura profana sia di quella sacra, anche con una scarsa erudizione può darsi che costui scelga con decisione ciò che viene indicato dal verso seguente: “Mi compiacciano allora i campi e le acque che irrigano le valli”; dal momento che è proprio congeniale dei monaci prendersi cura di un giardino, coltivare la terra e rallegrarsi per la fecondità dei frutteti [et pomorum fecunditate gratulari].

(Institutiones Divinarum et Saecularium Litterarum I, 28; il dito che mi ha indicato la citazione è quello del cardinale Newman.)

 

Lascia un commento

Archiviato in Dice il monaco

Pesci e scrivani (Vivarium, pt. 2)

(la prima parte è qui)

Ciò che contraddistingue Vivarium e lo rende unico è tuttavia un’altra cosa, il vero progetto di Cassiodoro: l’assoluta centralità dello scriptorium, e più ancora della biblioteca che ne deriva. «Una biblioteca», scrive Mauro Donnini, «nata ed accresciuta secondo le intenzioni del fondatore che dei suoi libri conosceva  non soltanto la sistemazione, perché l’aveva curata personalmente, ma anche i testi, perché li aveva studiati, annotati, arricchiti di segni critici…» E commenta Cardini: «Lo scopo eminente [di Viviarium] non era infatti l’unione fra preghiera e lavoro in generale, ma piuttosto la pratica di un tipo preciso di lavoro: lo studio, la copiatura, la composizione di libri contenenti testi della tradizione antica e di quella patristica» – una vera attività editoriale. Un’attività che comportava reclutamento, preparazione, organizzazione, scelte, procedure proto-filologiche, costi per i materiali, definizioni di norme calligrafiche (non per niente l’ultima opera di Cassiodoro fu un De ortographia): «tutto ciò ha dell’incredibile», conclude Cardini, che considera Cassiodoro «il padre delle biblioteche d’Occidente».

Già dall’indice delle Istituzioni si capisce la centralità della questione: si va infatti da «Sulla cautela  con cui si deve correggere la Sacra Scrittura», a «Sull’aggiunta dei segni critici», a «Sui copisti  e sul ricordo dell’ortografia». E colpisce anche l’evidente affetto con il quale Cassiodoro si riferisce ai volumi. Quando ad esempio invita i suoi monaci a studiare i classici della medicina per poter curare gli ammalati, così annota: «Leggete, infine il libro Sulla medicina di Celio Aurelio e quello Sulle erbe e sulle cure di Ippocrate e diversi altri trattati di medicina, che con l’aiuto di Dio ho lasciato riposti negli armadi della nostra biblioteca».

I monaci che svolgono questa attività devono aver studiato ed esser preparati nella cura e nel confronto dei testi, sono suddivisi in notari, rilegatori e traduttori (molto importanti furono infatti le traduzioni dal greco) e sono esentati dai lavori manuali. Perché «io confesso», ammette Cassiodoro, «che, fra tutti i lavori fisici da voi svolti, preferisco, non senza una giusta ragione, quello dei copisti, quando ovviamente scrivono senza errori… Santa attività, lodevole occupazione quella di predicare agli uomini con la mano, parlare con le dita, elargire la salvezza ai mortali senza parlare e combattere contro le illecite insidie del diavolo con penna e inchiostro. Satana, infatti, riceve tante ferite quante sono le parole del Signore scritte dal copista».

(2-fine)

(Notizie e citazioni da Franco Cardini, Cassiodoro il grande. Roma, i barbari e il monachesimo, Jaca Book 2009.)

Lascia un commento

Archiviato in Le origini, Libri

Pesci e scrivani (Vivarium, pt. 1)

Ho letto Cassiodoro il grande. Roma, i barbari e il monachesimo, di Franco Cardini, e finalmente ho imparato qualcosa sul monastero di Vivarium, praticamente coevo della Monte Cassino di Benedetto da Norcia (morto verso il 547) e con cui condivide tratti significativi per lo sviluppo successivo del monachesimo altomedievale (Cassiodoro, scrive Cardini, «sta in un rapporto difficile a cogliersi fino in fondo con il monachesimo benedettino e quindi con la fondazione dell’esperienza monastica occidentale, tesa appunto tra Vivarium e Montecassino»). Due modelli simili, uno dei quali, seppur faticosamente, è ancora lì, mentre l’altro è scomparso insieme al suo fondatore, tanto che soltanto in tempi recenti si è giunti a una ragionevole certezza, ad esempio, circa la sua ubicazione: contrada San Martino di Copanello, nei pressi di Squillace (Catanzaro).

Nato proprio a Squillace (Scolacium), da famiglia patrizia di origine siriaca, Cassiodoro vi fa ritorno verso il 554, quando ha tra i sessanta e settant’anni di età, dopo aver partecipato in ruoli non secondari alle vicende della monarchia gota di Teodorico e dei suoi successori, e su un terreno di proprietà fonda Vivarium (come dice l’abate Zanella: «l’antico lido in cui Cassiodoro al tempo antico depose il fasto delle corti infido»). Il nome deriva dall’esistenza di alcune vasche per l’allevamento dei pesci (c’è persino una località che tramanda ancora la tradizione, le «vasche di Cassiodoro»), «ma è ovvio pensare che le piscine, importantissime per l’alimentazione dei monaci, avessero un valore profondamente simbolico: il pesce richiamava un celebre simbolo del Cristo e rappresentava la salvezza delle anime, la salute spirituale. Il monastero era la Vera Piscina, i monaci fedeli e ubbidienti i Veri Pesci».

L’organizzazione del monastero è in larga misura sconosciuta. Si sa che aveva una dépendance per i monaci che volevano trascorrere periodi di eremitaggio, ma non si sa se vi vigesse una Regola (un’ipotesi avanzata è che vi fosse seguita la Regola del Maestro, una delle fonti dirette della Regola di Benedetto). Quello che Cassiodoro dice a riguardo, brevemente, nelle Istituzioni (che sono la fonte principale delle notizie su Vivarium), è che è sufficiente seguire «sia le regole dei Padri sia gli ordini» del superiore. Ciò che invece non smette di sottolineare è l’amenità e la fertilità del luogo, che, oltre a rendere piacevole il soggiorno, devono stimolare vieppiù alle opere di carità: «Avete il mare talmente vicino che si presta a vari tipi di pesca e il pesce pescato può essere riversato, a vostro piacimento, nei vivai»; «La posizione del monastero vi invita a preparare cose per i pellegrini e i poveri, poiché avete orti provvisti di acqua e il vicino corso del torrente Pellene»; «Abbiamo fatto costruire anche bagni perfettamente adatti per gli ammalati, ove scorrono convenientemente limpide acque gradevolissime sia per bere sia per bagnarsi».

(1-continua)

(Notizie e citazioni da Franco Cardini, Cassiodoro il grande. Roma, i barbari e il monachesimo, Jaca Book 2009.)

1 Commento

Archiviato in Le origini, Libri