Sono contento quando iniziative editoriali mi consentono di leggere opere, oggi etichettabili come «oscure», ma che in altri tempi non lo erano affatto, essendo state anzi assai diffuse e molto lette, tanto da conquistare un’altra etichetta, quella ad esempio di «classico della spiritualità medievale». È il caso delle Pie meditazioni sulla conoscenza della condizione umana1, operetta («tractatulus») di ambiente monastico, benedettino, databile tra il 1160 e il 1190. Spesso attribuite in passato a Bernardo di Chiaravalle, le Meditazioni vantano una ricca tradizione manoscritta di circa 250 esemplari (che le presentano da sole o in compagnia di altre opere), cui sono seguite numerose edizioni a stampa, nonché traduzioni in francese, tedesco, italiano, portoghese, fiammingo, ungherese, danese, svedese e islandese. «Oggi, forse, il testo», osserva la curatrice Milvia Fioroni (si noti quel «forse»), «non è più al centro delle pubblicazioni, ma questo tipo di letteratura si trasferisce dal campo della spiritualità a quello della ricerca storica.» Be’, forse, non è esattamente così, o meglio, è senz’altro così, ma non solo.
Le Meditazioni sono state di frequente associate al genere del «disprezzo del mondo» (de contemptu mundi) e sono molti i passaggi che lo giustificano. L’anonimo monaco ripassa con esplicita incisività il classico repertorio, con una particolare sottolineatura del sottogenere del «disprezzo di sé» (de contemptu sui). E quindi: considera, uomo, che non sei «nient’altro che schiuma divenuta carne», carne che, «per quanto sia adornata, è sempre carne», destinata a essere «verme e cibo per i vermi»; considera ciò che fuoriesce dai «passaggi del corpo» e ti renderai conto «di non aver mai visto un immondezzaio più spregevole», e così via tra ondate di orrore e fetore…
Ma, pur nel naturale contesto di un discorso che si sviluppa intorno al peccato, al pentimento, alla confessione e al giudizio (e alla beatitudine o alla dannazione), queste Meditazioni sono prodighe di immagini, paragoni e metafore di natura per così dire psicologica, e sono queste osservazioni, date in un linguaggio diretto e realistico, e per lo più in prima persona, che mi fanno dire ancora una volta che non si tratta, forse, di un testo di interesse esclusivamente specialistico
Ecco ad esempio una scena dialogata di rimorso, in cui l’anima, memore di tutti i suoi misfatti, viene trascinata davanti al Giudice e «incomincia a tremare, chiede di poter fuggire e di avere una tregua, dicendo: “Datemi anche solo un’ora di tempo”. E però, come se le opere acquisissero la capacità di parlare [dicono]: “Tu ci hai compiute, siamo opere tue, non ti abbandoneremo, ma saremo sempre con te, ti seguiremo fino al giudizio”». Ecco l’importanza dell’esame quotidiano di se stessi («Ritorna, dunque, a te stesso e – se non sempre o spesso – almeno qualche volta»), perché niente «è contrario a me, se non io stesso». Ecco l’attenzione che bisogna prestare alla propria instabilità che può ritorcersi contro, poiché il cuore «gira velocemente come un mulino e non rifiuta niente, ma macina tutto ciò che gli viene dato; se non viene aggiunto nient’altro, consuma se stesso». Ecco le autogiustificazioni sempre pronte, le ipocrisie («Dico queste cose e non le faccio»), le pose («Ho finto di essere chi non ero»), le scuse che ci rendono egoisti («Qualcuno mi aspetta desiderando parlare con me di una sua necessità: io prendo un qualsiasi libro, che altri vorrebbero avere. Lo leggo e, leggendolo, perdo il frutto della carità»), le cattiverie che per vergogna non confessiamo («Il mio cuore trama in un solo momento ciò che tutti gli uomini insieme potrebbero realizzare in un anno»), e così via tra ondate di impazienza e miserie.
«Se non osservo attentamente me stesso», dice l’Anonimo, «non mi conosco; se invece mi osservo attentamente, non posso sopportarmi», e non solo, perché «ognuno rimane in qualche modo sconosciuto a se stesso» (ricordiamo, 1175 o giù di lì). Lui, l’Anonimo, e quelli come lui potevano, e possono, contare sul Padre misericordioso che tutto conosce, almeno Lui, e tutto è disposto a perdonare. Ma quelli che non sono come lui, su chi, su cosa, possono contare?
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- Anonimo del XII secolo, Meditationes piissimae de cognitione humanae conditionis. Il cammino dell’uomo verso Dio, introduzione traduzione e note di M. Fioroni, Edizioni Glossa 2023.