La piccola e innocua libertà di questa serie di appunti mi consente di recuperare su una bancarella («Tutto a 2 euro») la Vita del Beato Giovanni Colombini di Feo Belcari, in un’edizione a scopo edificante delle Paoline1, e di decidere di cominciare proprio da qui ad apprendere qualcosa dei Gesuati: compagnia, «brigata», congregazione fondata, per così dire, dal suddetto beato senese dopo la sua conversione avvenuta nel 1355 e talvolta presa per un refuso della ben più famosa Compagnia. Scritta all’incirca ottant’anni dopo la morte del Colombini, avvenuta nel 1367, l’opera del Belcari, noto per le sue sacre rappresentazioni, è stata spesso ristampata, ha il suo posto preciso nella storia della letteratura italiana: «Il [Pietro] Giordani, scrivendo al Cesari il 24 febbraio 1827, la paragonò ad “un arancio in gennaio, un frutto del Trecento nel Quattrocento”, e ne definì l’autore, scrivendo al Leopardi nel giorno dell’Ascensione del 1817, “scrittor purissimo e di utilissima semplicità”» (Mario Marti), e racconta con brio agiografico non privo di rispetto per le fonti i dodici anni cruciali dell’esperienza d’ispirazione francescana del Colombini.
Ma prima di procedere (ci sono da leggere soprattutto le lettere del beato), la mia attenzione si è fermata sulla figura della moglie di Giovanni, Biagia de’ Cerretani, «venerabile e onesta donna, e ben composta di tutti gli approvati costumi», poiché è a lei che in fondo si deve la memorabile conversione. Memorabile perché avviene in un uomo di 51 anni, uomo affermato nella sua attività di mercante di panni, chiamato più volte a ricoprire incarichi pubblici, «prudente e circonspetto in tutte le cose del secolo».
Ebbene, un giorno Giovanni torna a casa prima del solito dal negozio e si irrita perché non è pronto da mangiare e gli affari premono. Biagia non si scompone «e disse: “Intantoché io ordino le vivande, prendi questo libro e leggi un poco”, e posegli innanzi un volume che conteneva alquante vite di sante». Giovanni si irrita ancora di più – tu hai sempre in testa queste storie – e butta il libro in un angolo. Poi, però… lo raccoglie, comincia a leggere (la storia di Maria Egiziaca) e quando la moglie lo chiama a tavola, le risponde: «Aspetta tu ora un poco, per infino che questa leggenda io abbia letta».
Da lì, si direbbe un po’ prosaicamente, è tutta discesa: Giovanni continua a meditare quello che ha letto e, tanto per cominciare, dopo qualche giorno propone a Biagia il voto di castità, che la donna accetta. Qualche tempo dopo Giovanni si confida con un amico, Francesco de’ Vincenti (che resterà con lui fino alla fine), e la compagnia prende corpo. Poi si ammala e, invece di farsi curare in casa (ne avrebbe i mezzi), va «occultamente al più povero ospedale che in Siena fosse». Una volta guarito, comincia a donare i suoi averi ai poveri e mosso a compassione si porta a casa un lebbroso, lo cura e lo fa accomodare nel letto della moglie. Biagia non è contentissima, chiede un po’ di misura, e Giovanni si stupisce: prima volevi che diventasssi caritatevole e adesso mi ostacoli?
«La donna a questo rispondeva: “Io pregava che piovesse, ma non che venisse il diluvio”.»
E diluvio sarà, di santità, e Biagia sembra scomparire dalla storia del marito, delle sue peregrinazioni toscane, delle sue penitenze e disavventure, dell’ingrossamento dei seguaci e dei suoi miracoli. Ma quando infine il corpo senza vita del beato viene portato al monastero senese di Santa Bonda per esservi interrato, eccola ricomparire e gettarsi al volto del suo «dilettissimo Giovanni» e scoppiare in una dichiarazione d’amore non spento cui lascio ammirato la parola:
«O castisstima e santa faccia che per amore di Cristo è dodici anni che non ti toccai! O occhi santissimi, quante lagrime per Cristo Crocifisso avete sparse? O dolcissima bocca, che con tanto fervore l’onore di Dio e la salute dell’anime predicavi, e con tanta carità confortavi i tribolati, conforta me tribulata più che femmina Sanese. Io piango la morte mia, non la tua, che sono privata di te, mia vita.»
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- Feo Belcari, Vita del Beato Giovanni Colombini, introduzione e note di P. [Giuseppina] Romagnoli Robuschi, V edizione, Edizioni Paoline 1962.
per me quando si parla di gesuati penso solo a Bonaventura Cavalieri, ma si sa che io sono molto di parte…
E certo, giusto. Peraltro uno degli ultimi…
Pensa che è probabile che la matematica abbia avuto un ruolo importante nella soppressione dell’ordine, o almeno che i gesuiti abbiano fatto leva anche su quello per convincere il papa di allora.