Per diversi anni la situazione è stata questa.
Non che la cosa impedisse letture e consultazioni altrove, ma certo quel «buco» turbava l’appassionato di cose monastiche, soprattutto per il sospetto che mai, forse, sarebbe stato riempito. Nel piano dell’opera, che ancora si poteva leggere negli ultimi cataloghi della casa editrice Città Nuova, alla pagina «Opera Omnia di San Bernardo», il volume terzo, Sermoni per l’anno liturgico, Sermoni sul salmo «Qui habitat», era sempre dato «in preparazione», in due tomi. Poi, un bel giorno di febbraio del 2021, a oltre trentacinque anni dalla data di pubblicazione del primo volume dell’opera, in una delle tante newsletter editoriali che riceve, il suddetto appassionato ha letto: «Con la traduzione dei 128 Sermones per annum giunge al termine l’Opera Omnia bilingue di Bernardo di Clairvaux. Il primo volume raccoglie i sermoni dall’Avvento alla Quaresima; il resto seguirà nel secondo».
[Diffuse espressioni di giubilo.]
Ed eccolo qui, bello nella sua pur «dimessa» versione in brossura.
[Vasto consenso generale.]
A commento di questa piccola cosa ripiegata sotto gli ampi strati dei drammi e delle tragedie mondiali, riporto due brani dall’elegantissima Premessa che Ferruccio Gastaldelli, direttore originario dell’impresa, antepose nel 1984 al primo volume, contenente i Trattati.
«Alle soglie di quest’opera omnia di san Bernardo mi sembra giusto ricordare l’occasione piuttosto insolita che ne è all’origine. Il suo primissimo avvio risale al 1963, quando Raffaele Mattioli, andando alla ricerca di un angolo quieto per la sua sepoltura, scoperse alle porte di Milano il piccolo cimitero monastico dell’abbazia di Chiaravalle, ormai abbandonato da secoli. Affascinato dalla semplicità di quel luogo, chiese all’abate Giovanni Rosavini di concedergli una fossa, davanti ad una cappella che secondo la tradizione ospitò per qualche tempo la salma di una donna eretica del Duecento, la boema Guglielma. Il Mattioli si spense il 27 luglio 1973, e le sue spoglie giacciono dal 1974 nella fossa che s’era scelta, vigilate da un’abbagliante Resurrezione di Manzù. Le opere che ora si pubblicano sono il contraccambio che quell’uomo munifico e la sua famiglia rendono all’ospitale abbazia, fondata appunto da san Bernardo nel 1135.»
[A giustificare quest’impresa] «C’è un altro interesse, forse maggiore, ed è l’eredità che questo mistico ha lasciato nei suoi scritti. Non vi si trovano visioni estatiche né vaghezze emotive, ma una personale esperienza di Dio e una acuta percezione della condizione umana. San Bernardo riconosce la grandezza originaria dell’uomo e insieme ne conosce la quotidiana degradazione. Da questa consapevolezza prende avvio la sua riflessione che riscatta dalla regio dissimilitudinis i grandi momenti dell’esistenza: la coscienza di sé, la libertà, l’amore, il desiderio, le passioni. Sono temi che a nessuno possono apparire estranei. Non sembra superfluo allora riproporre questa dottrina, che se è un itinerario a Dio, è pure e prima ancora un ricupero dell’uomo [questo corsivo è mio]. A chi la cerca e a chi la studia mi auguro che questo lavoro riesca utile, o almeno non li deluda.»
[Vivissimi applausi all’indirizzo del prefatore.]
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♦ San Bernardo, Sermoni per l’anno liturgico / 1, introduzione, traduzione e note di Domenico Pezzini, Città Nuova 2021.