«Perché leggere?» è quello che si chiede, e ci chiede1, attraverso il titolo del suo libro più recente, la studiosa e monaca di Bose Cecilia Falchini2. Il sottotitolo, «Lettura e vita spirituale», circoscrive il campo, invero minato, che la domanda aprirebbe: la lettura di cui qui si parla è anzitutto quella delle Sacre Scritture. A rispondere alla domanda sono convocati, oltre qualche autore classico, la cui eco risuonerà negli scrittori cristiani, tutti i padri della Chiesa, grandi e «piccoli», che per un millennio, dal III al XIII secolo, hanno riflettuto e scritto sul tema. Il lavoro di schedatura dev’essere stato ragguardevole, come testimoniano le quattordici pagine di «fonti» che ospitano, a fianco degl’immancabili Agostino, Ambrogio, Bernardo, Girolamo, Gregorio Magno, Isidoro…, i prevedibili Cassiano, Cesario di Arles, Guglielmo di Saint-Thierry, Guigo (II), Pietro di Celle e Pietro il Venerabile, Ruperto di Deutz…, e gl’inattesi (poiché a me ignoti) Garnerio di Langres, lo Pseudo-Ildeberto di Lavardin, Umberto di Romans e l’inarrivabile Absalon di Springkirsbach…3
L’elenco dei testimoni non deve tuttavia trarre in inganno e far pensare a un mero assemblaggio di citazioni, poiché se di citazioni ve ne sono, e molte e anche assai ampie (ed è in fondo uno dei meriti del volume), dal coro di voci l’autrice ricava ulteriori domande, tutt’altro che accademiche, e una densa riflessione filosofica sul rapporto tra lettore e testo di ispirazione divina che merita un discorso a parte. A un primo passaggio, però, è il suddetto coro a prendere il sopravvento, in particolare quello che occupa il capitolo centrale del libro, dedicato specificamente alla «Lettura» (gli altri sono per il libro, la meditazione, la comprensione, il senso e l’esistenza).
Già, quanto mi piace leggere libri che parlano del piacere dei libri: piacere prim’ancora che importanza, piacere legato all’enorme promessa che essi, sempre, racchiudono. Certo, i libri sacri, ma è un attimo dimenticare l’avvertimento e immaginare lo stesso piacere dietro le parole di un monaco benedettino del XII secolo: «Nell’uomo non vi è corruzione alla quale l’autentica lettura non offra la medicina – okay, ma – secondo il desiderio dei diversi sentimenti bisogna leggere ora cose nuove, ora cose antiche, ora cose oscure, ora cose chiare, ora cose sottili, ora cose semplici, ora esempi, ora comandamenti, ora cose serie, ora cose divertenti, affinché l’anima, circondata da una così concorde varietà, eviti la noia e riceva il rimedio» (Pietro di Celle, fratello). Come non concordare con Cesario di Arles che si rammarica di coloro, «e forse alcuni sono religiosi», che tengono i libri chiusi sugli scaffali e nemmeno li prestano, «ignorando che non giova a nulla avere dei libri e, a causa degli impedimenti di questo mondo, non leggerli»; come non considerare l’invito di Ugo di San Vittore a non gareggiare con «coloro che vogliono leggere tutto»: «Non ti interessi affatto se non leggi tutti i libri. Infinito è il numero dei libri, e tu non andar dietro a ciò che è infinito», perché senza fine non c’è riposo, senza riposo non c’è pace e «dove non c’è pace Dio non può abitare»; come non annuire alle parole di Isidoro di Siviglia che riprende e suggerisce la derivazione della negligenza da negligere, cioè «trascurare», ma anche da nec legere, cioè «non leggere»; come non apprezzare Umberto di Romans che ci ricorda che i libri pieni delle infiammate parole divine sono «come una stanza in cui ci si riscalda», quella in cui «durante l’inverno i monaci si recano volentieri»4.
E infine, indulgendo un’ultima volta alla tentazione di estendere alla lettura in generale quello che viene detto della lettura sacra, come non ripetere con Pietro di Celle: «Cosa dirò a proposito della lettura? Reputo la cella [solo la cella?] senza lettura un inferno senza consolazione, un patibolo senza liberazione, un carcere senza luce, un sepolcro senza respiro, una fossa che produce vermi, un laccio che strangola, una casa in cui manca la buona notizia…»
(1-segue)
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- Tra parentesi: ho smesso di rispondere a questa domanda, che non di rado suscita una retorica che è meglio evitare, e, se costretto, mi limito a rispondere con un «perché mi piace moltissimo» che non dà adito a ulteriori complicazioni. Sono tuttavia ben contento che qualcuno si provi a rispondere, pur con le limitazioni di un caso come questo.
- Cecilia Falchini, Perché leggere? Lettura e vita spirituale, Edizioni Qiqajon – Comunità di Bose 2019.
- È noto, e perdonabile, il mio debole per i nomi.
- La frase intera è molto bella (e dà conto del titolo del post): «Come, dunque, durante l’inverno i monaci si recano volentieri nella stanza in cui ci si riscalda, così gli uomini santi, mentre perdura il freddo di questo mondo, stanno presso i libri, per infiammarsi di amore celeste».