Dice Nilo di Ancira, abate, nei primi decenni del V secolo:
Se tanta scienza ed esperienza esige il combattimento contro le passioni, di quanta perfezione non debbono aver raggiunto il traguardo quanti si sono assunti il compito di guidare i sudditi per condurli saggiamente al raggiungimento del premio proprio della celeste vocazione! Per insegnare con saggezza, debbono sapere a quali sbandamenti vanno incontro e a tutto ciò che porta all’errore, sì da poter indicare gli antidoti che occorre usare per condurli alla vittoria, sì che essi non abbiano soltanto a tracciare dei segni per aria con le loro dita, ma abbiano anche a vibrare dei colpi ben dati nella lotta contro l’avversario. In un vero e proprio combattimento, ognuno di essi dovrà infatti non agitare invano le mani per aria, ma riuscire veramente ad eliminare l’avversario; perché questa lotta è più dura di quella degli agoni ginnici. Qui infatti si piegano fisicamente i corpi degli atleti, che possono facilmente raddrizzarsi; lì invece si abbattono le anime, che una volta prostrate difficilmente si rialzano.
Nilo di Ancira, Discorso ascetico, 41, a cura di C. Riggi, Città Nuova 1983, p. 75.