Dice Catherine Mectilde de Bar, in un capitolo del 1662, e in una «conversazione familiare»:
Credetemi, la vostra perfezione è nell’obbedienza, ma non vi assicuro che sia nelle cose che voi proponete, per quanto vi sembrino sante. Per esempio: vorreste fare orazione mentre l’obbedienza è di coricarvi; io vi dico che la vostra preghiera, per quanto sublime, non è che un’illusione. Queste sono, di solito, manifestazioni della nostra superbia che ci sottrae all’obbedienza per renderci singolari; e vi sono dei contemplativi superbi come demoni. Sì, sorelle mie, ho visto anime molto elevate, in stati eminenti di orazione, cadute come stelle dal cielo per essersi allontanate dall’obbedienza. Questo fa tremare; non pensate infatti che, per aver domandato certi permessi alle superiore, siate discolpate davanti a Dio. Niente affatto, a meno che non si tratti di qualcosa per la vostra salute. Allora ve lo permetto di tutto cuore; ma non di tutte le altre cose che potete fare; in nome di Dio non chiedete esenzioni… Io vi posso esentare dai digiuni e dalle astinenze, ma non dall’obbedienza, perché è un voto fatto al Signore.
Dobbiamo essere una capacità di Dio…
Catherine M. de Bar, Attesa di Dio. Riflessioni sulla Regola di San Benedetto, Jaca Book 1982, pp. 113-114.