Lacrime, sudore e sangue

Uso molta prudenza quando faccio una gita in territorio mistico, più del solito, e tendo a seguire guide di comprovata esperienza, come Giovanni Pozzi e Claudio Leonardi, curatori di uno dei libri più belli (sì, belli, per concezione, realizzazione, struttura, ricchezza, leggibilità, ecc.) sull’«argomento»: le Scrittrici mistiche italiane.

Salvo i casi più noti, la lettura del volume si traduce in una scoperta dopo l’altra – già i nomi allineati nell’indice raccontano qualcosa: Umiliana Cerchi, Umiltà da Faenza, Villana de’ Botti, Osanna Andreasi, Domenica del Paradiso, Battistina Vernazza… dal 1235 di Chiara d’Assisi al 1973 di Angela Gavazzi. E presi per mano da introduzioni e note si può concentrarsi ora su labirinti teologici, ora su espressioni della corporeità più terrena, sempre su una lingua rigogliosa e piena di tensioni («Si ricorderanno i lessicografi che questi testi sono una riserva unica di lingua orale autentica, perché direttamente ripresa nella sua forma originaria almeno nelle trascrizioni delle estasi?» commenta padre Pozzi), che è stata sistematicamente esclusa dai percorsi della storia letteraria come comunemente la si studia.

Per cominciare, il corpo, la strada più agevole da percorrere, perché lì, tra l’altro, le metafore attingono più direttamente al quotidiano e si trovano fotogrammi estremamente vividi. E sempre lì si potrà osservare il sospetto e l’inesorabile volontà di controllo, da parte di un apparato ecclesiastico maschile, su certe manifestazioni che un tempo (XIII secolo) erano segni inequivocabili di estasi mistica, e oggi ad alcuni potrebbero sembrare quasi scene di un film di esorcismi. Un paio di esempi, tra i tanti, dopo aver letto un terzo del volume.

Benvenuta Bojanni (nata nel 1255, a Cividale) si sveglia dopo una notte tormentosa e «si accorse di molte gocce di sangue sul velo che teneva in capo e provò allora a vedere se avesse perso sangue dal naso, e poiché questo non era assolutamente accaduto, si accorse che erano state le sue lacrime ad aver preso il colore del sangue». Va in chiesa e si mette a pregare, non riesce a trattenere il pianto e «versò tanta moltitudine di lacrime che la parte del velo con cui si asciugava le lacrime si trovò inzuppata come se fosse stata tirata fuori dall’acqua». Se qualcuno avesse dei dubbi, può avere conferma da una testimone oculare, infatti «sulla panca su cui giaceva abbattuta, si vedevano rivoli e tracce di lacrime, come attesta la devota Giacomina, sua fedele segretaria [secretaria], che pregava vicino a lei». La stessa Benvenuta, va ricordato, che talvolta il demonio sollevava e gettava a terra «con tanta violenza… che il manto le sfuggiva via dal corpo», e che lei a sua volta buttava per terra e «postogli un piede sul collo prendeva a rimproveralo con oltraggiose parole, mentre sedendosi sopra di lui non lo lasciava fuggire».

Vanna da Orvieto (nata nel 1264), invece, è afflitta da episodi di immobilità assoluta, in cui mette per così dire in scena ciò che medita della Passione di Cristo o del martirio dei santi: quando il suo pensiero va a Paolo, «il suo corpo apparve come quello di uno che si dispone per essere decapitato, inchinato e con il collo proteso». Tanto che in quei momenti di fissità «se alcuno non conoscendola l’avesse veduta, l’avrebbe creduta morta… Avresti anche potuto vedere in quel momento come le mosche, che con voli fastidiosi e continue punture così spesso non danno pace, passeggiavano a schiere sfacciatamente sui suoi occhi». Talvolta è assalita da un calore sovrumano e «tutto il corpo si scioglieva in un sudore straordinario, tanto che bisognava che ella avesse sempre pronto un panno per asciugarsi di continuo il corpo del sudore che grondava»; altre volte si blocca come Cristo in croce («concrocefissa») e «mentre lei era in questa penosa estensione, [si] poteva udire uno scricchiolio delle ossa così forte da sembrare che si staccassero dalle loro giunture».

Scrittrici mistiche italiane, a cura di Giovanni Pozzi e Claudio Leonardi (prima ediz. 1988), Marietti 1820 2004.

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