Vincent de Paul (n. James) Merle, 1768-1853, o.c.s.o., «uno dei più tenaci trappisti che mai sia vissuto» (Th. Merton). Nato a Chalamont, non molto distante da Lione, entra nel monastero trappista di Val-Sainte, in Svizzera, nel 1805. Gli anni precedenti sono stati piuttosto complicati, per via della rivoluzione. Merle studia dai gesuiti a Lione e nel 1798 fa un primo tentativo di entrare a Val-Sainte, ma la salute non lo sostiene e torna in Francia. Ordinato segretamente sacerdote, si dedica a quel che resta dell’attività pastorale, cosa che gli costa l’imprigionamento, a Bourg, e, pare, la condanna alla ghigliottina. Riesce a evadere e si rifugia in una specie di seminario nascosto nei boschi. Dopo il concordato napoleonico ritorna all’attività pastorale e infine si presenta di nuovo a Val-Sainte, dove pronuncia i voti solenni.
L’abate, il famoso Augustine de Lestrange, il riformatore della Trappa, lo manda quasi subito al Monginevro per accudire una nuova fondazione, ma in breve il mutato clima generale spinge l’abate di Val-Sainte a cercare lidi più sicuri per i suoi monaci. Così Merle parte per l’America, con alcuni confratelli, e il 6 agosto 1812 approda a Boston.
Merle si muove molto, tra Pennsylvania, Maryland e New York, ma i tentativi di aprire una «filiale» trappista non hanno successo e circa tre anni dopo i monaci vengono richiamati dalla casa madre. È il maggio del 1815, Vincent de Paul, Francis Xavier e pochi altri confratelli sono sul molo di Halifax («è la prima volta che il saio bianco dei cisterciensi fa la sua apparizione nella Nova Scotia»), in attesa di un «passaggio» per l’Europa. Alla fine lo trovano e si imbarcano, con tutto il loro bagaglio, sulla Ceylon, ma il vento è contrario, e la nave non salpa. Passati due giorni, Merle scende a terra per comprare qualche provvista e, proprio mentre è in giro per la cittadina, il vento cambia. Il monaco se ne accorge, e corre al porto, ma è troppo tardi.
«Quando il buon padre arrivò al molo si rese conto con enorme stupore che la nave si era già allontanata parecchio. Provò a raggiungerla, a bordo di un’altra imbarcazione, ma inutilmente; ogni cosa era ormai perduta: il suo “passaggio”, i suoi confratelli, le sue cose. Ciò che gli restava in quel momento era il vecchio saio che indossava e la ghinea che aveva preso per acquistare del cibo.»
È impensabile che Vincent de Paul l’abbia fatto apposta, commenta Thomas Merton, «ma da quanto sappiamo del suo carattere non è improbabile che qualche impulso inconscio lo abbia spinto a girare per Halifax più a lungo di quanto non fosse necessario…» E non si fatica a crederlo, a giudicare dalle vicende degli anni successivi…
(1-continua)
[da Thomas Merton, Le acque di Siloe (1949), Garzanti 1992, pp. 123 e sgg.; Luke Schrepfer, Pioneer Monks in Nova Scotia (1947), Kessinger Publishing 2007, pp. 16 e sgg.]
Bella storia, attendo la seconda parte 🙂