1. Una storia de’ paura. Deciso ad abbandonare il mondo, un anacoreta si addentrò nel deserto del Sinai. Arrivato a una grotta, vide all’interno un uomo seduto. Bussò, «secondo l’usanza dei monaci», e aspettò che l’altro uscisse a salutarlo. Niente. Allora, «senza esitare, entrò e lo prese per una spalla; egli subito si dissolse e divenne polvere».
2. Una storia d’amore. Dopo qualche giorno, il suddetto anacoreta incontra un altro sant’uomo. Gli chiede come va e costui gli racconta la storia della sua fuga dal mondo. Stava in un cenobio e tesseva il lino. Guadagnava bene e dava tutto in beneficenza. Poi aveva fondato un monastero suo e l’attività era cresciuta. Finché un giorno era arrivata una vergine e gli aveva commissionato un lavoro. E poi un altro, e un altro ancora. In breve, «ne derivò una consuetudine, quindi una maggior confidenza, infine anche il contatto delle mani, il riso e il mangiare insieme».
Io mi fermo qui. L’anacoreta non può, perché ovviamente c’è di mezzo il diavolo, e perciò, «dopo aver portato in seno la passione, partorimmo l’iniquità».
Il primo veramente da paura…
Il secondo fa parte di un genere di racconti che serve per mettere in guardia gli antichi anacoreti dalla “consuetudine” con le donne che porterá inevitabilmente a perdere la propria castitá.
Il precedente commento era mio (giusto per…)
fra Alberto