Dice Aelredo di Rievaulx, monaco cisterciense, nel 1142:
Che cosa ti distingue, o uomo? Il libero arbitrio? Certamente, ma rispetto ai giumenti, non agli ingiusti. Poiché anche gli ingiusti hanno il libero arbitrio, senza il quale non potrebbero neanche essere ingiusti. Con l’unica eccezione del peccato originale, che per altro motivo lega anche quelli che non lo vogliono, nessuno è giusto se non per sua volontà, e nessuno può essere ingiusto se non per sua volontà, e dunque solo grazie al suo libero arbitrio. Ma la volontà è elevata alla giustizia solo dalla grazia; nell’ingiustizia invece sprofonda da sola.
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Veda, dunque, chi può, creda chi non può vedere. Chi vede ne gioisca, ma nell’umiltà; chi non vede, creda, ma con preseveranza, perché «se non crederete non comprenderete». Veda, dico, che ogni creatura è fatta dal niente, ed è fatta mutevole, e che, spinta da questa mutabilità che fa parte della sua natura, continua a volgersi a ciò da cui è stata tratta, il niente.
♦ Aelredo di Rievaulx, Lo specchio della carità, I, XII, 36; I, XIII, 40, a cura di D. Pezzini, Paoline 1999, p. 121, 123.