Il buon Andrea di Verdun ha da poco lasciato il mondo per vestire l’abito bianco dei Cisterciensi, ma dopo l’iniziale entusiasmo si sente sempre più in difficoltà e fa «fatica a dimenticare gli agi della sua vita di prima». La vita a Clairvaux, infatti, è dura, tanto che sta meditando, non di tornare indietro, non sia mai, ma almeno di «andarsene in qualche altro Ordine di più blanda osservanza». L’abate Roberto, cui è toccato l’ingratissimo compito di succedere nientemeno che a Bernardo di Chiaravalle, lo ha scongiurato, ha pregato Dio e adesso non sa più cosa fare: di fronte alla progettata diserzione, «gli strappò che si sarebbe fatto forza e avrebbe portato pazienza per altri tre giorni». Intanto continuiamo a invocare l’aiuto del Signore.
Vabbè, tre giorni. Neanche a farlo apposta, alla prima refezione Andrea si trova davanti il peggio che gli poteva capitare: un piatto di piselli. Li destesta, gli fanno venire la nasuea, gli chiudono lo stomaco. Soltanto la fame – che a Clairvaux non manca – gli fa prendere qualche legume. Ed ecco il miracolo: «Aveva appena toccato un pochetto di quell’odioso cibo che vi trovò un gusto meraviglioso: aveva un sapore più squisito d’un piatto di carne o di pesce!» Caspita, che buono! E, scordandosi ogni ritegno, fa piazza pulita dei piselli.
(E qui va osservato quanto sia bello, al di là del contenuto della narrazione esemplare, del «miracolo» che – oggi, ma non allora – può far sorridere, il formidabile realismo dei gesti descritti: «Come se ne accorse [della bontà dei piselli], afferrò il cucchiaio, trasse a sé la scodella e, dimenticandosi della moderazione, divorò la portata di legumi fino in fondo».)
Sono troppo buoni questi piselli, pensa Andrea, come minimo sono stati fritti, e si mette addirittura un dito in bocca alla ricerca di «cicccioli di lardo» da succhiare. A fine pranzo va dall’abate per ringraziarlo di aver fatto cucinare solo per lui un piatto così gustoso. Ma Roberto gli risponde che no, guarda, non ho ordinato niente di speciale. Ma dai, non è possibile, insiste Andrea. Va bene, allora sentiamo in cucina, e «vennero chiamati i cuochi a rispondere della cosa». E anche loro niente, soltanto sale e acqua, come al solito. Convinto?
«All’udir ciò, quel neofita si rese conto con gioia d’un miracolo con cui Dio l’aveva visitato: gliene rese grazie e d’allora in poi non poté esser smosso dal perseverare nell’Ordine». Non solo, perché da un punto di vista alimentare, ora Andrea diceva che «provava più gusto nel mangiar piselli e verdure di quanto non ne avesse prima a consumar pollame e selvaggina»: altro miracolo non da poco…1
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- L’exemplum, narrativamente perfetto, si legge nel capitolo XXI del Libro secondo dell’Exordium Magnum Cisterciense, il cui titolo recita: «Il signor Roberto, secondo abate di Clairvaux, e il novizio che per la sua esortazione e la sua preghiera venne confermato con un grande miracolo nel santo proposito» (Corrado di Eberbach, Exordium Magnum Cisterciense, o Narrazione dell’inizio dell’ordine cistercense, a cura di p. Riccardo Spreafico, Nerbini 2018, p. 82).