«Ciò che è solo sentimentale, intellettuale ed emotivo» (Cristiana Piccardo, «Alle sorgenti della salvezza», pt. 2/2)

AlleSorgentiDellaSalvezza

(la prima parte è qui)

Nei primi tra i testi raccolti in questo volume1 m. Piccardo torna più volte sul concetto di personalità, che può essere ripensato a partire dalla sua declinazione monastica, soprattutto in contrasto con quello che sarebbe il pericoloso processo di alienazione dell’individuo nelle cose: «L’uomo che possiede una personalità è l’uomo che si misura non con le cose che passano, ma con l’eterno». Se ciò può essere vero per l’uomo-monaco, suona ingeneroso nei confronti dell’uomo-non-monaco, che si dedica a ciò che è alla sua portata (in uno spettro amplissimo di attività con diverse gradazioni di egoismo e altruismo) senza passare necessariamente a un piano trascendente. Si ripresenta qui anche il concetto di «momento presente», molto scivoloso e da maneggiare con cautela (e la cui applicazione ormai va dalla saggistica di auto-aiuto alle divulgazioni buddiste), e tuttavia non estraneo alla vita monastica, tesa verso il trascendente e l’infinito e nondimeno lontana dall’abbandono all’indifferenza. È l’autrice stessa a farvi riferimento, quando evoca l’importanza dell’«inserzione costante dell’eterno nel momento presente». Il mero presente, senza la dimensione escatologica, produce isolamento e disperazione, anche perché «l’escatologia mondana ha fallito del tutto». Un’altra affermazione che mi pare un po’ ingenerosa, poiché accanto alla «capacità di autodistruzione» l’uomo moderno (o in generale) ha sviluppato una «capacità di costruzione» che dovrebbe sempre essere ricordata insieme alla prima, e sulla quale si può sorvolare soltanto a scopi polemici. (Devo anche dire che questa inserzione dell’eterno non è una semplice «aggiunta», ma ci tornerò quando avrò completato una lettura collegata all’argomento.)

Il richiamo all’infinito, in ogni caso, riscatterebbe il presente dall’inutile, rischiando tuttavia di svalutarlo in maniera drammatica. Si tratta peraltro di una preoccupazione propria della pratica monastica. Bisogna, dice infatti m. Piccardo, «essere consapevoli che una cosa sola è essenziale anche se il monaco fa con responsabilità tutto ciò che gli viene affidato», e ho sottolineato quell’«anche se» perché vi sento una tensione molto interessante: ciò che conta è al di là di queste cose che ci circondano, ma nel frattempo le teniamo in ordine, le accudiamo, facciamo le pulizie, sgrassiamo una pentola e stiriamo con cura (per non parlare di incarichi di servizio ben più seri); ciò che conta è al di là di questi individui che ci circondano, ma nel frattempo la comunità è il nostro orizzonte quotidiano – un atteggiamento del tutto condivisibile, anche da chi crede soltanto nel frattempo.

Consapevole di tale tensione, m. Piccardo ritiene che «il monachesimo deve potersi proporre come forza profetica della dimensione misterica dell’uomo, come spaccatura del limite terreno che sempre più ci soffoca, e non nella prospettiva escatologica, ma proprio nell’oggi storico». Adesso, quindi, il monachesimo ha qualcosa da dirci, per quello che c’è da fare ora. «Di fronte a un così manifesto decadimento della dimensione umana e del suo immortale contenuto», il monachesimo può proporsi come «discorso paradigmatico sull’uomo», al di là della clausura o delle regole, raccogliendo tutte le sfide – di convivenza, di speranza, di gioia – che secondo l’autrice sarebbero state perse dalla modernità, e soprattutto imparando di nuovo «a giungere al cuore della persona, là dove, varcate le soglie di ciò che è solo sentimentale, intellettuale ed emotivo, si tocca quel centro dell’essere, quel punto focale di luce da cui emerge l’autentico spessore contemplativo del monaco».

Bene, mi fermo qui, anche perché credo che «ciò che è solo sentimentale, intellettuale ed emotivo» rappresenti già un compito immane – per il quale non basta un’esistenza non devastata dall’esigenza di sopravvivere e che non mi sentirei di sorpassare in nome di un «punto focale di luce», cioè la «scintilla di somiglianza divina», di ardua definizione e sostanzialmente oggetto di fede.

(2-fine)

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  1. Madre Cristiana Piccardo, Alle sorgenti della salvezza. La vita contemplativa oggi, introduzione di m. Rosaria Spreafico, badessa di Vitorchiano, Nerbini, Associazione Nuova Cîteaux, 2015 («Quaderni di Valserena»; 2).

 

6 commenti

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6 risposte a “«Ciò che è solo sentimentale, intellettuale ed emotivo» (Cristiana Piccardo, «Alle sorgenti della salvezza», pt. 2/2)

  1. Molto interessanti e appropriate queste tue considerazioni. C’è da tener conto però che la fede non viene dall’uomo ma da Dio.

  2. Scusa lo stillicidio ma il link veniva storpiato da wordpress, clicca qui: http://tinyurl.com/gv85nvj

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