Ho già preso qualche appunto sulla Historia monachorum, in particolare sulla sua versione latina, di Rufino di Concordia – secondo alcuni autore, secondo altri traduttore di un originale greco – ma l’ho riletta volentieri sia perché è molto divertente, sia perché ne è testé uscita una nuova edizione per le benemerite Edizioni Scritti Monastici dell’Abbazia di Praglia, basata su quello che viene appunto considerato l’originale greco, di autore incerto.
Databile intorno al 400, è un vero e proprio reportage di un monaco di Gerusalemme che, insieme ad alcuni compagni, va a raccogliere notizie su gli «uomini perfetti» che si sono ritirati nei deserti dell’Egitto, e può essere assimilato ai grandi esempi della Storia lausiaca e della Storia dei monaci siri. Non è un documento storico, per quanto i particolari più minuti raccontino aspetti molto interessanti della quotidianità, non è un romanzo fantastico, per quanto sia bombo di senso del meraviglioso: è, come giustamente viene proposto, una «evocazione», di un clima spirituale, di uno slancio, di un’incarnazione della fede, concepita e scritta soprattutto come esortazione per tutti coloro che verranno e ai quali di quel clima non resterà altro che il racconto: sappiate che quegli uomini (e quelle donne, qui però assenti) sono esistiti.
E hanno compiuto prodigi.
«Ho visto, infatti, in Egitto», dice l’autore all’inizio del suo racconto, «molti padri che vivono una vita angelica, seguendo le orme del Signore nostro Salvatore e, come nuovi profeti, con la loro condotta ispirata, meravigliosa, virtuosa, dimostrano di possedere una potenza divina… Alcuni di loro non sanno che sulla terra c’è un altro mondo, che nelle città s’insinua la cattiveria… È possibile vederli, sparsi nei deserti, in attesa del Cristo, come figli legittimi aspettano il padre, come un esercito il proprio re, o come servi devoti il loro padrone e liberatore» (Prologo, 5-7).
È lo stesso autore che osserva come non basterebbe il tempo per raccontare tutte le manifestazioni della virtù somma di questi uomini: taciturni, pazienti, candidi, obbedienti, ospitali, servizievoli, altruisti, longevi, prevalentemente crudisti e grandi amici degli animali; come abba Teona che «di notte, così raccontavano, usciva dalla sua cella e si univa alle bestie selvatiche alle quali dava da bere l’acqua che aveva. Intorno alla sua casetta si potevano vedere orme di bufali, di onagri, di gazzelle e di altri animali la cui compagnia per lui era motivo di grande piacere» (VI, 4).
Mi piace molto quando, quasi inavvertitamente, si insinua nel racconto un minimo particolare che non rimandi all’ascesi e alla penitenza. In questo caso addirittura un «grande piacere», oppure un pisolino, come nel caso di abba Giovanni che, «prima di tutto restò in piedi per tre anni sotto una roccia, pregando incessantemente Dio, senza mai sedersi, senza dormire, a eccezione di qualche sonnellino che riusciva quasi a rubare in quella posizione» (XIII, 4): lo so, è un puro gioco intellettuale, ma io lo vedo l’anziano asceta che chiude gli occhi un momento, e la testa gli scivola di lato e si appoggia alla pietra…
O come nella storia dell’uva e del grande Macario, al quale «furono portati dei grappoli d’uva fresca. Egli volentieri l’avrebbe mangiata ma, per dimostrare di essere temperante, la mandò ad un fratello ammalato», il quale a sua volta la spedì a un altro, che, per carità, e via così: «Quell’uva, in conclusione, fece il giro di molti fratelli e nessuno la mangiò»; fece il giro completo del monastero perché tornò a Macario che «la riconobbe, fece delle indagini, e rimase stupito» (XXI, 14): bravi confratelli!
I nomi non sono estranei alla simpatia che provo per questi personaggi: abba Or, abba Bes, abba Surus, Amun e Pitirione, abba Dioscoro, Piammonas e Pafnuzio, che un giorno disse a un mercante: «Perché non vieni anche tu a godere del nostro nome, il nome di monaco?», e quello andò. E abba Patermuzio, per il quale il sole arrestò il suo corso «e non tramontò prima del suo arrivo nel villaggio [dove si stava recando a visitare discepoli ammalati]: tutti gli abitanti della zona videro bene il fenomeno». Tutti.
Con i Padri nel deserto (Storia dei monaci in Egitto), a cura di S. di Meglio, Edizioni Scritti monastici, Abbazia di Praglia, 2015 (con illustrazioni molto interessanti da un volume del 1625).