Dice Giovanni Crisostomo, intorno al 385:
Una volta ammesso dunque che Paolo comanda, e non solo ai monaci, di imitare i discepoli e perfino lo stesso Cristo, e in più che egli propone un supremo castigo per coloro che rifiutano quell’imitazione, con quale pretesto intendi tu affermare che il traguardo imposto ai monaci è ben più elevato? È necessario invece che tutti gli uomini tendano alla stessa meta. Quello che sovverte il mondo intero è proprio questo, il fatto che noi siamo persuasi che soltanto i monaci debbano occuparsi di quell’impegno, e che gli altri uomini possano vivere del tutto liberamente. Non è dunque così, non lo è affatto; ma a tutti, e così egli infatti afferma, è richiesto di raggiungere quella saggezza, ed io perciò intendo dichiarare con fermezza questo principio; in realtà, non io, ma proprio Colui che ci dovrà giudicare.
Giovanni Crisostomo, Contro i detrattori della vita monastica, III, 14, a cura di L. Dattrino, Città Nuova 1996, p. 188.