Mi hanno fatto gentilmente notare che non ha molto senso chiedersi perché senza tentare almeno una risposta. È vero.
Credo che, oggi, la risposta più onesta, e ripulita dai tanti elementi di contorno che pure sono presenti, sia che nella vita monastica, nella forma cui ho accesso, cioè quella scritta, vedo un modello di comunità che mi attira. (Che poi non si tratti che dell’ennesimo vago disagio, di terza o quarta generazione, dell’individuo «sballottato dalla globalizzazione» non posso escluderlo.)
Mi avvicino a essa sia attraverso le testimonianze, che spesso contengono l’aspirazione prim’ancora che la realtà, sia attraverso quella somma espressione della vita «come dovrebbe essere» che è la Regola. La realtà è, ed è stata, un’altra cosa, lo so, ma l’aspirazione è quella, e i monaci la Regola l’hanno scritta. Ne hanno scritte centinaia, da quelle di pochi articoli ai codici estesissimi, sublimi nel vano sforzo di contemplare ogni possibile variante: tutte, però, almeno in linea di principio, ispirate a quel concetto di difficile manovrabilità che è la carità, altrimenti detta amore. Circostanza che separa ed eleva le regole al di sopra di ogni regolamento.
Una comunità regolata e non regolamentata. Una comunità di cui non può essere esaltato ogni tratto, nondimeno concretamente tentata e non solo teorizzata.
Una comunità, per fare un solo esempio, che reca in sé una radice di stabilità, che, trasposta in un contesto più allargato, diventa facilmente immobilismo. Io adoro, per così dire, la stabilità, ma con essa, appunto, non si va da nessuna parte. Per dirla in altro modo: lo scontro e la dialettica sono, tra le altre, fonti di progresso; senza carburanti che si chiamano desiderio, ambizione, sete di conoscenza, voglia di affermazione non esisterebbero tante cose e situazioni di cui anch’io, come anonimo confratello di geni, scopritori e ribelli, godo. Il tempo del monastero, invece, è un’attesa, dalla quale è stato bandito lo scontro; lo abita un’associazione paritaria in cui non si alza mai la voce (non si dovrebbe mai alzare la voce). Anche nel monastero si lotta e si progredisce, eccome, su un piano spirituale, però. Ma non è sul piano spirituale che…
Quanto più avanzo su questa linea, tanto mi sembrano necessarie ulteriori premesse e precisazioni. Forse avevo visto giusto a non rispondere a quel perché. Fermiamoci alla comunità e alla Regola, dunque, e alla tenace determinazione a metterle in pratica, ogni santo giorno. Noi ci proviamo, mi dicono i monaci, stiamo aspettando, ma intanto facciamo così. Per questo mi piacciono.