Nelle lettere di Etty Hillesum sul e dal campo di concentramento e transito di Westebork fa la sua comparsa anche un monaco. In verità più d’uno, ma su uno solo di essi si fissa lo sguardo impareggiabile di EH. Il riferimento si trova nella lettera «A due sorelle dell’Aia», del dicembre 1942, per la quale non è il caso di trovare aggettivi.
La lettera, composta ad Amsterdam, al ritorno da un periodo passato nel campo, è il tentativo di rispondere alla richiesta del dottor K. (probabilmente l’ebreo tedesco Herbert Kruskal, con lei al campo) di scrivere «qualcosa sulla vita a Westerbork» e venne pubblicata già nell’autunno del 1943, poco dopo la morte di EH e della sua famiglia ad Auschwitz, insieme con un’altra lettera inaggettivabile, da Westerbork, del 24 agosto 1943, in un’edizione clandestina e dissimulata sotto il titolo di Tre lettere del pittore Johannes Baptiste van der Pluym (1843-1912).
Hillesum vi ricorda, tra le altre cose, l’arrivo al campo, nell’agosto del 1942, di un gruppo di ebrei cattolici – «o se si preferisce di cattolici ebrei» – tra i quali vi sono anche dei monaci. «Ricordo due giovani gemelli dagli identici, bei visi scuri del ghetto e dagli occhi calmi e fanciulleschi sotto i loro zucchetti, che raccontavano con garbo e stupore di essere stati portati via dalla messa alle quattro e mezzo di mattina, e di aver mangiato cavolo rosso ad Amersfoort.» I curatori ci informano che, probabilmente, si tratta dei fratelli Georg ed Ernst Löb, monaci trappisti a Tilburg, rispettivamente dal 1926 e dal 1929.
C’è anche un terzo fratello Löb, Rob, anch’egli a Tilburg, dal 1928: «C’era un monaco ancora piuttosto giovane, che per quindici anni non era uscito dal proprio convento e ora si ritrovava per la prima volta nel “mondo”. Mi ero fermata un poco accanto a lui e avevo seguito il suo sguardo, che vagava tranquillo per la grande baracca dove si raccoglievano i nuovi arrivi». Insieme i due guardano poi fuori della baracca il resto del campo e la brughiera, fino a che EH rivolge al monaco una domanada: «E allora, cosa gliene pare del mondo?»
Fratello Linus, questo il nome che Rob Löb aveva preso diventando trappista, non risponde, e «il suo sguardo rimane tranquillo e amichevole sopra la tonaca marrone, come se tutto ciò che lo circonda gli fosse noto e familiare già da molto tempo».
«Più tardi qualcuno mi raccontò che quello stesso giorno aveva visto alcuni monaci camminare in fila tra due baracche scure nel crepuscolo, mentre dicevano il rosario con la stessa imperturbabilità con cui avrebbero recitato le preghiere nei corridoi del loro convento.»
(Etty Hillesum, Lettere 1941-1943, a cura di K.A.D. Smelik, G. Lodders e R. Tempelaars, traduzione di C. Passanti, T. Montone e A. Vigliani, Adelphi 2013, pp. 55-56.)