Il problema dell’individualità è uno degli ostacoli sui quali più si sono affaticate le Regole. Annullare se stessi per trasformarsi in puro strumento della volontà divina, una scelta che si scontra periodicamente, sin dai tempi dei Padri del deserto, con la tentazione di considerarsi i veri seguaci di Cristo. Quante volte una riforma monastica ha preso le mosse proprio dall’aspirazione al recupero dell’ideale originale smarritosi per strada.
Da qui, tra l’altro, la comprensibile ossessione per il peccato di superbia, per la lotta contro l’orgoglio, strumento primario della quale è stato – ed è – il voto di obbedienza.
Queste riflessioni traggono spunto dalle fonti scritte e in questo forse risiede un paradosso. Poiché forse sono proprio i monaci che non hanno scritto nulla a incarnare con maggiore approssimazione quell’ideale di annullamento. Ascoltiamo quelli che, pur tra dubbi e travagli, non hanno potuto spogliarsi completamente di se stessi (e per questo ci paiono più vicini) e nulla sappiamo di coloro che si sono dissolti in un compito, in un’attività sempre uguale, in una Regola appunto, e di sé si sono dimenticati.