Alterazioni eremitiche

FormaDiVitaEremiticaHo letto due volte (sono una settantina di paginette) l’opuscolo che la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica ha dedicato, nel settembre 2021, alla Forma di vita eremitica nella Chiesa particolare. La mia lettura di lettore laico «non credente», cui questo testo molto sorvegliato non è in alcun modo rivolto, se non per opportuna informazione, ha rallentato sino a fermarsi su tre momenti: tre «alterazioni» del discorso, di una superficie altrimenti liscia e scorrevole, densa semmai di «orientamenti» (è il sottotitolo del testo) e istruzioni indirizzate a chi stia considerando questa scelta di vita.

La prima e la terza alterazione sono simili, quindi accenno dapprima alla seconda, che ho registrato nel capitolo 25, all’interno della parte dedicata a uno dei tratti fondamentali (e sanciti dal diritto canonico) della vita eremitica: la separazione dal mondo. (Per inciso, è interessante sottolineare come secondo la dottrina «senza il mondo non si può concepire un uscire dal mondo: ci si separa dal mondo per salvarlo, ci si allontana per volerlo integrare. […] Separarsi non vuol dire fuggire».) La separazione, dunque, corrisponde fisicamente, se così si può dire, all’andata nel deserto – che è stato (ed è ancora, talvolta) quello vero e può essere isola (e tra tutte viene citata Lérins, unico luogo menzionato nel testo), foresta, luogo appartato, e che tuttavia «non deve essere troppo isolato, impervio o di difficile accesso» per non far perdere del tutto all’eremita il contatto con la comunità, umana ed ecclesiale, della quale, comunque, fa parte. Quando il testo evoca la foresta, ecco l’alterazione, la nota che non ti aspetti: «… la quale [foresta] per parte sua è certo luogo di separazione dal mondo, ma per così dire in un eccesso di natura, di fecondità smisurata e disordinata». Che strano quell’«eccesso di natura», e notevoli anche i riferimenti alla dismisura e al disordine, di fronte ai quali peraltro l’eremita è chiamato a «mettere ordine», ad agire nei confronti di «una natura che seduce e confonde». Seduce e confonde: chi oggi userebbe questi concetti parlando della natura? Non sembra quasi di sentire un’eco delle paure ancestrali suscitate dai grandi boschi…?1

Le altre due alterazioni mi hanno colpito all’interno di due elenchi di aspetti che caratterizzano in concreto la vita dell’eremita (ai capitoli 2 e 34). Nel loro intento di offrirsi completamente e più rigorosamente al Signore i primi eremiti scelsero la solitudine e l’assiduità della preghiera, «vivendo in continenza, nella libertà da se stessi e dalle cose, significata dal digiuno, dalla rinuncia ai beni e da una vita povera». Libertà da se stessi: credo di capire cosa intendano qui gli «orientamenti» della Congregazione, e tuttavia è un’espressione non del tutto priva di ambiguità. Ambiguità che si sfuma nel secondo elenco, una trentina di capitoletti dopo: «La vita casta dell’eremita, separata e nascosta, solitaria e silenziosa, sarà nutrita dall’ascesi, la diffidenza di sé, la mortificazione, la custodia dei sensi e del cuore»2. La diffidenza di sé: dunque nella reale impossibilità di essere liberi da sé occorre almeno di sé esser diffidenti? Cioè dubitare: delle proprie intenzioni, della propria costanza, della propria coerenza, della propria possibilità di essere fare dire alcunché. Dubbio salutare, paralizzante o patologico? Santo o diabolico?

In assenza di una «istanza superiore», e immersi nella folla e nel rumore, sicuramente prudente.

______

  1. Ecco il passo completo: «Il luogo in cui ci si ritira, e che per questo si continua a chiamare deserto, diventa dapprima l’isola (per esempio Lérins), poi la foresta, la quale per parte sua è certo luogo di separazione dal mondo, ma per così dire in un eccesso di natura, di fecondità smisurata e disordinata. L’eremita nel suo vivere all’interno di una natura che seduce e confonde, è chiamato a mettere ordine, a trasformare l’ambiente in cui vive in un giardino. Questo va inteso soprattutto come una metafora della ricerca spirituale» (p. 33). Ed è molto interessante anche che la ricerca spirituale venga in qualche modo equiparata al «mettere ordine».
  2. Ecco il passo completo: «La vita casta dell’eremita, separata e nascosta, solitaria e silenziosa, sarà nutrita dall’ascesi, la diffidenza di sé, la mortificazione, la custodia dei sensi e del cuore, come da un’ordinata organizzazione della giornata e del lavoro, un adeguato riposo, un’alimentazione sufficiente e moderata, una sana attenzione allo stato di salute» (pp. 47-48).

Lascia un commento

Archiviato in Eremiti

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.