La credenza che san Giuseppe da Copertino potesse levitare è ben nota, non avevo mai appreso, invece, che prima di spiccare il volo, di solito, il francescano emettesse qualche grido – di spavento? Ecco alcune testimonianze tratte dal capitolo 39 della Vita redatta da Roberto Nuti, dedicato a questa specialità del santo: «Come fu veduto molte volte in estasi elevato da terra, volare in luoghi alti, e tenersi in aria senza appoggio alcuno».
Ma non solamente questo servo di Dio haveva il dono ordinario dell’estasi, con uscire in eccesso di mente, restando senza moto alcuno, ma molte volte questa elevatione fu communicata anche al corpo, onde si vidde per qualche tempo sollevato da terra volare in luoghi eminenti, impossibile a farsi da un corpo grave, e restare in aria senza appoggio alcuno; cosa molto meravigliosa e fuori del corso naturale. […]
Nel tempo che se ne stava alla Madonna della Grottella per la festa delle sacre Stimmate del Padre San Francesco, si sequestrò in una cappelletta posta dentro di un oliveto un tiro di moschetto [sic] lontana dal Convento; e mentre quivi faceva oratione, diede cinque strilli molto grandi, uno mezz’hora doppo l’altro; il che sentito da’ Padri corsero alla cappella sudetta, e lo trovarono volato sopra il tetto di quella, ch’era diroccata, e stava abbracciato ad una Croce d’altezza più di venti palmi inginocchioni.
Un’altra volta essendo venuto il Vicario Generale di Nardò […], il padre Giuseppe se ne andò a supplicarlo volesse benedire alcune Croci […], che a sua richiesta e devotione havevano fatte fare i suoi amorevoli, rappresentanti il viaggio del Calvario; il che gli fu benignamente concesso; con questa occasione egli si fermò alla messa cantata, che si faceva con gran pompa, e bellissima musica, nel sentire di quella melodia diede un grido e volò alla presenza di tutto il popolo da terra nella sommità del pulpito, dove restò inginocchioni.
[…] Quando il Padre Maestro Santi Rossi da Trevi era Novitio in questo sacro Convento, per una ferita che haveva in testa, causatali da una caduta, aggravato dal male, si tratteneva nel letto; il P. Giuseppe andava spesse volte a visitarlo, & un giorno fra gli altri vi andò che vi era il signor Alcide Fabiani, e molti altri Padri, da’ quali si ragionava spiritualmente di varie cose. Questo servo di Dio fissò gli occhi in un certo Crocifisso piccolo, attaccato al muro sopra di un anche piccolo tavolino, nel quale si conservavano molti bicchieri, caraffine, vasetti di unguenti & altre robbe fragili che costumano tenersi nelle camere degli infermi […]. Si venne a discorrere della Santissima Concettione di Maria, & egli sentendo questo ragionamento con un gran strillo se ne andò quasi di volo a quel Crocefisso nel muro, e stette in aria senza toccar terra, o legno da nessuna parte quasi mezzo quarto d’hora, e poi cadde sopra il tavolino, pieno di tante cose, senza rivoltarlo né guastar o rompere nessuna delle cose accennate, ma le lasciò tutte nello stato di prima.
Può sorgere la curiosità di sapere cosa accadesse dopo il volo…
Meditando in una Congregatione di alcuni buoni Sacerdoti la Croce, che essi havevano fatto piantare in fine del viaggio sudetto del Calvario, uno di essi propose, se in quella Croce vi fusse Christo Signor nostro inchiodato, come stava nel Monte Calvario, in tempo della sua dolorosa passione, e fosse lecito ad ogn’uno di loro il baciarlo, dove l’haverebbono baciato? Altri dissero per humiltà che gli haverebbono baciati i piedi. Altri per corrispondenza di amore la piaga del costato, ma toccando a questo servo di Dio di appalesare il suo sentimento, disse con un volto tutto infuocato, e con voce altissima: «Et io, & io, & io li baciarei quella santissima bocca, amareggiata di aceto e fiele». E ciò detto prese un volo da terra, & andò alla sommità di quella Croce, la quale era più di dieci braccia di altezza, e si pose con la faccia a puntino a quel luogo dove, se vi fosse stato il Crocifisso, sarebbe appunto stata la sua bocca; e restò quivi inginocchioni, con gran stupore di tutti, in un chiodo di legno, che stava per segno dove furono inchiodati i piedi santissimi di Christo; e per farlo descendere a basso furono necessitati andare nel Convento a prendere una scala.
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Roberto Nuti, Vita del servo di Dio P. F. Giuseppe da Copertino, sacerdote dell’ordine de’ minori conventuali, in Vienna, appresso Pietro Paolo Viviani, 1682, pp. 463-465.
«e per farlo descendere a basso furono necessitati andare nel Convento a prendere una scala.»
Sempre pragmatici, i fraticelli.
Proprio così.
Ero incerto se preferire il capitolo 41 (che si legge alle pagine 505-506), e allora lo metto qui.
Capitolo XXXXI. Come tutta la sua persona buttava un odore soavissimo, che si diffondeva alle sue vesti, & anche a tutte le cose che toccava
«Ciascheduna persona, che trattava col P. Giuseppe, sperimentava chiaramente, che dal suo corpo ne usciva un odore così soave, che non si poteva sentire il più grato; non si discerneva però che odore fosse, perché ad alcuni pareva che havesse dell’ambra, ad altri di pastiglia, a molti d’un profumo fatto di diverse cose odorifere, e particolarmente con lo storace. Ma io che l’ho sperimentato molto tempo, non ho saputo rassomigliarlo con maggior similitudine, che a quello che si sente uscire dall’Arca del glorioso S. Antonio da Padova, per una fissura che è nel porfido della medesima Arca, dalla parte di dietro all’altare.
«Questo odore non si tratteneva solamente nella sua persona, ma si diffondeva ancora per le sue stanze, nelle quali manifestamente si sentiva la fragranza, tanto in tempo d’inverno, come pure d’estate; e benché quelle fossero piccole, vi mangiasse assieme al suo compagno, e vi facesse parimente ogni altro suo bisogno, ad ogni modo l’odore superava qualunque altro difetto che vi fosse potuto essere.
«Si sentiva però più una volta dell’altra, in particolare nelle grandi solennità l’odore soleva esser più grande; e l’istesso succedeva ne’ suoi estasi e ratti, come anco in tempo che diceva la messa, e quanto i ratti e gl’estasi erano cagionati da maggiori fervori, l’odore parimente si sperimentava più efficace. E non solo odoravano le sue carni, massime quando erano ignude, come io per gratia particolare di Dio sperimentai, cavandoli per ordine del Padre Generale, come si è detto altrove, la tonica interiore & esteriore, per darla alla Serenissima Infanta Maria di Savoia, che l’haveva proveduto di altra nuova. In questa funtione io intesi tanta fragranza, che mi pareva impossibile di poterla sopportare; ma questo medesimo odore tutte le cose che egli toccava, tutte le vesti che egli portava, e tutto quanto maneggiava, lo riteneva per molto tempo; anzi s’egli caminava per il Monastero, o andando a dir la messa, o pure a visitare gli infermi, che queste due erano le cause principali per le quali usciva dalla sua cella, ovunque caminava lasciava talmente il suo odore, che da molti seguitandosi con l’odorato quel camino, si ritrovava subito ove egli era andato.
«Mi sono trovato alle volte a ragionar seco per qualche tempo, e come questo servo di Dio era pieno di carità, pigliava le mie mani e le stringeva fra le sue, e ragionando seco quasi sempre le teneva strette nella guisa accennata, & ho sperimentato che quell’odore communicato alle mie mani vi si è trattenuto qualche volta per lo spatio di tre, o quattro giorni.»