36. All’interno della rubrica «Gladiator», una delle trentuno sezioni in cui Paul Valéry ha suddiviso l’oceano delle sue annotazioni noto con il titolo di Quaderni1, ci sono tre brevi asserzioni che mi sono sempre sembrate come un riflesso della forma di vita monastica. Me le ha fatte tornare in mente la citazione dell’abate di Acey, che ho riportato nell’appunto precedente: «Vivere la fraternità secondo il vangelo non ha niente di spontaneo. Esige un lungo cammino di conversione»2. Nella struttura concettuale dispiegata da Valéry tali affermazioni sono prive di connessioni con qualsiasi idea di «fede», nondimeno rappresentano con ammirevole sintesi un «programma» e direi che non stonerebbero tra i detti di un Padre del deserto.
Eccole qua, riportate alterando l’ordine cronologico di stesura:
«L’uomo non fa bene niente in modo naturale.»
«L’uomo è qualcosa soltanto grazie al suo sforzo contro ciò che egli è.»
«C’è soltanto una cosa da fare: rifarsi. Non è semplice.»3
Non ricordavo, invece, che verso la fine della rubrica (la data di stesura è il 1936) compare un brano intitolato precisamente «Monaco» e ascritto anche alla rubrica «Theta», quella dedicata alle «cose divine». Rendendo onore alle «invenzioni» introdotte dalla Chiesa nella formazione degli spiriti, Valéry ne ricorda alcune prettamente monastiche, tra cui «la “meditazione” a ora fissa», «la giornata ben divisa. La notte non trascurata», «il valore dell’alba».
«Forse», aggiunge il poeta, «ci è voluto il sistema dei monasteri del X e dell’XI secolo per ricostituire uno spirito – – libero e possente contro lo stato in cui a quell’epoca versavano le cose e gli uomini», e conclude con una definizione che forse non è del tutto scevra di un certo «romanticismo monastico»: «Il monastero, bozzolo in cui il bruco spirituale poté aspettare il tempo del suo volo»4.
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- Paul Valéry, Quaderni, vol. I: I quaderni, Ego, Ego Scriptor, Gladiator, a cura di J. Robinson-Valéry, Adelphi 1985.
- La «spontaneità», peraltro, è uno dei bersagli di Valéry: «Io nutro una tale diffidenza nei confronti di tutto ciò che è Spontaneo (di cui non posso mai credere che valga qualcosa…)», ivi, p. 382.
- Ivi, pp. 390, 377, 372.
- Ivi, p. 402.