Nel secondo fascicolo del 2015 di «Benedictina» Giannino Carraro e Donato Gallo hanno dato l’edizione di un elogio di una monaca padovana della fine del Trecento1. A un primo sguardo può sembrare una pubblicazione strettamente riservata agli storici specialisti della materia, ma non è così. Si tratta infatti di una rara occasione per accedere a un documento di primissima mano che «fotografa» l’attività pratica della badessa di un importante monastero cittadino del XIV secolo.
La monaca in questione è Anna Buzzacarini, figlia di una delle principali famiglie di Padova che seppe sempre mantenere forti legami con il potere, in particolare con la signoria dei Carraresi. Nasce nel 1322, probabilmente prima di tre sorelle, Fina, Imperatrice e Buonafemmina, e di un fratello, Arcuano; entra nel monastero di San Benedetto («fra i principalissimi della città») nel 1336 e nel 1355 ne diventa badessa, tramite elezione mediante compromesso2. Manterrà la carica fino alla morte, avvenuta nel 1397: 41 anni di governo, dei quali l’elogio, opera del cappellano delle monache, Giovanni da Modena, registra le instancabili iniziative messe in atto a difesa e a rafforzamento del monastero. Il manoscritto, conservato nell’Archivio di Stato di Padova, rappresenta inoltre un documento assai interessante del dialetto padovano antico e comincia così: «Quaderno scrito e conpilado da McIIJcLXXXXIJ perfin [el mille IIJcLXXXXVIJ] in questo sacratissimo e religioso logo de [meser Sam Benedecto] dei beneficii rendidi et acresementi facti per la spectabele religiosa e veneranda dona madona Anna Buçacharina per la disposiciom de Dio abbadesa dignisima de questo sacro logo» – un volgare molto espressivo che risulta comprensibile, a patto di non andare troppo spediti e di farsi aiutare ogni tanto dalla traduzione.
Le 74 rubriche, brevi capitoletti, in cui è suddiviso il testo sono raggruppate in cinque parti dedicate a) agli acquisti di ornamenti, paramenti, argenterie e libri, b) agli acquisti e ai lavori eseguiti su immobili interni al monastero o in città, c) alle proprietà fuori città, d) alle proprietà acquisite dalle monache, e) alle rendite e ai prestiti. E se il ricordo delle virtù spirituali della badessa è affidato quasi esclusivamente alla succinta aggettivazione che l’accompagna (venerabele, egregia e religiosa, vera catholica, prelibada, abbadessa frutuosa, fino al contenplativo e pacifico spirito che rende in punto di morte), l’attenzione è in larga misura concentrata sugli aspetti concreti della sua attività. Un’attività indefessa che non disdegna nulla: dalla richiesta a papa Gregorio XI dell’uso del pastorale, alla sostituzione della «chanpana grande ch’era rota»; dalla realizzazione del pulpito per l’ufficio notturno («el puçolo da chantare su le licion da nocte»), all’acquisto di un manso; dalla riparazione delle ruote del mulino, al reclamo del censo «de una botesela de vino ogne anno», e così via. Tutto scritto, con precisione di date e di cose, tutto ugualmente importante, tutto risultato delle doti diplomatiche, della tenacia, del talento organizzativo, delle conoscenze importanti della badessa, e talvolta di virtù misteriose, come nel caso di «Enrico Bestiola e i suoi compagni [che] non volevano più pagare cosa alcuna. E la predetta signora seppe trovare il modo perché accettassero tutti e tre… pagando inoltre l’arretrato».
Il lascito materiale di Anna viene ripetutamente sottolineato: «Ancora lassò la prenominada venerabele e religiosa dona madona Anna Buçacharina libero e francho sença usura e sença debito alguno el monestero de meser San Benedecto per ley bem recto e religiosamente conservado» – un monastero solido e rispettato, senza debiti e con molti crediti, provvisto di ogni bene materiale, con la dispensa e la cantina piene, ricco di case e terreni e pronto ad affrontare i momenti duri.
Nelle ultime dodici rubriche, infine, si scatena la passione per gli elenchi: cereali, vino e formaggi; mantelle scapolari e gonnelle; tovaglie, matasse e fazzoletti («XIIIJ façoli streti da naso»); ducati, lire e soldi; tappeti, coltri e cuscini («XJ cushineli da sedere»); padelle, mestoli e «doe gratachase» (grattugie)… non la smetterei più di trascrivere. Il posto d’onore lo lascerò alla singolarissima dotazione di «IJcLXVI peveraroli», cioè 266 pepiere.
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- Giannino Carraro e Donato Gallo, L’elogio trecentesco di Anna Buzzacarini, badessa di S. Benedetto Vecchio di Padova in età carrarese (1355-1397), in «Benedictina» 62, 2 (luglio-settembre 2015), pp. 259-334.
- L’elezione mediante compromesso (forma compromissi) prevedeva che le religiose rimettessero il proprio voto, a una a una e in segreto, a un canonico da loro nominato, che successivamente proclamava l’esito. Il fascicolo dell’elezione di Anna Buzzacarini si è conservato, presso l’archivio della Curia vescovile, e, tra le altre cose, riporta che la nuova badessa ottenne 22 preferenze su 24 monache votanti.
ciao grazie – uso qualche notarella per una chiacchierata su Giusto e la sua Apocalisse – saluti Angelo Ferrarini – ma con chi ce l’aveva Fina per fare effigiare dieci “mitre” vescovili sulle 7 teste della bestia? qualche vescovo nemico, qualche canonico, qualche abate?
Mi spiace, immagino che si riferisca agli affreschi di Giusto de’ Menabuoi, ma non so cosa dire.