Dice un’anonima carmelitana francese nel 2013:
Se una suora vuole parlare dopo le funzioni serali, normalmente può andare a trovare la Priora – ed è sempre lo stesso: non nella cella. Neanche per parlare con la Priora si può andare nella cella, si va nel suo ufficio. Bisogna che ognuna abbia il proprio luogo dove sia veramente a casa sua, dove possa sistemare le proprie cose come preferisce, il suo angolino di preghiera o la sua posta, dove sia sicura che nessuno entri. Dopo tutto, nel mondo, quando si va a trovare gli amici, non è che vi facciano entrare dovunque. Forse la prima volta, se hai comprato casa, fai vedere tutto agli amici e parenti, ma poi non entreranno più nella camera da letto; andranno in salotto, nella sala da pranzo, forse anche in cucina e nei corridoi, ma non nelle camere.
[…]
Se si vuole parlare con una suora, anche per questioni banali, e si hanno domande da farle, si va nella sala comune o in qualche stanza da lavoro. In ogni caso, le suore non hanno il permesso di entrare nelle celle [delle consorelle]. Se si deve fare un lavoro in una cella e bisogna chiedere alla suora competente (per esempio, se qualcosa si è rotto nella finestra), bisogna dire che si vorrebbe far entrare quella particolare suora per riparare. «La mia doccia si è rotta, non so cosa fare; suor Anne può venire a vedere?» Bisogna sempre chiedere.
Citata in Francesca Sbardella, Abitare il silenzio. Un’antropologa in clausura, Viella 2015, pp. 61-2; un libro di estremo interesse, attualmente in lettura e di prossima relazione.
E come ci sono celle esteriori, per me ci sono anche celle interiori…
Credo che molte di quelle carmelitane di cui parla il libro sarebbero d’accordo.