Giorni felici e sano realismo

Un breve testo di una monaca cisterciense mi ha fatto notare che nel Prologo della sua Regola Benedetto, seppur citando i Salmi, fa riferimento ai «giorni felici» che desidera chi risponde alla chiamata di Gesù. S. Patrizia Girolami, del monastero trappista di Valserena, li evoca proprio a conclusione della sua riflessione sul senso e lo scopo della vita contemplativa oggi: «L’esiguità del numero, la debolezza e la precarietà della vita monastica oggi potrebbe far dire che tutto questo è sogno o utopia. Eppure, si può dire con sano realismo che questa è e rimane la potenzialità, la forza profetica, testimoniale, evangelica, “oggi” come sempre, della vita contemplativa. La proposta di un’umanità piena, di “giorni felici”, dice san Benedetto…»

Mi piace il «sano realismo», e mi piace il tono generale della testimonianza della monaca, attenta a rimanere aderente al tracciato della propria esperienza. Esperienza della quale s. Girolami trae in particolare due momenti che sono stati decisivi nel suo percorso. Anzitutto la prima visione che ebbe della chiesa di quello che sarebbe diventato il suo monastero: una tenda, la tenda del Dio di Israele, ma anche e soprattutto la tenda in cui il Signore ha scelto di abitare in mezzo agli uomini, cioè Gesù, come dice il Prologo del Vangelo di Giovanni (la maggior parte delle traduzioni ormai rende il verbo di I, 14 con abitare, dimorare, ma ce n’è una, dei francescani, del 1964, che recita: «E il Verbo si fece carne e si attendò fra noi»). Il secondo è quando vide, sempre quella prima volta, il coro della chiesa, con le monache unite in preghiera, e, in fondo, una porta, dalla quale alla fine «le monache sarebbero uscite… e sarebbero andate a fare altro». Era l’immagine di una vita comune, fatta di occupazioni diverse, ma raccolta intorno a un «centro».

Questi sono i due «segni» principali che la vita contemplativa addita all’oggi. Da un lato l’abitare con Dio nella «tenda» della sua presenza (si potrebbe quasi dire, parafrasando e con un gioco di parole e di maiuscole, che la vita contemplativa offra l’immagine più essenziale del vivere il presente e il Presente); dall’altro il richiamo alla centralità e all’interezza «per il tempo che ci troviamo a vivere, caratterizzato da una frammentazione del reale e della persona, percorso da un moto centrifugo che allontana dal “centro”, un tempo dove tutto è fluido, “liquido”, dove tutto si muove senza più centro».

Ora, io credo che la conquista del presente (o l’abbandono a esso) e l’interezza (o l’integrità) siano due vettori antitetici, che possano essere abbracciati soltanto uno a scapito dell’altro (e credo anche che nella frammentazione sia data una vera e aggiornata lezione di umiltà). Ma non sarò certo io a screditare le forme che la promessa di «giorni felici» può generare e le scelte cui può portare.

S. Patrizia Girolami, ocso, Vivere, oggi, la dimensione contemplativa, in «Vita Nostra» V (2015), 1, pp. 5-12.

 

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