Il collo di san Bernardo

C’è un piccolo episodio della vita di Bernardo di Chiaravalle in cui mi sono già imbattuto più volte, senza poterne però apprendere ancora la fonte. Mi piace molto per la sua potenza, diciamo così, teatrale. È un episodio avvenuto a Verfeil (Viridi-folio), probabilmente intorno al 1145, quando in effetti Bernardo si trovava nel sud della Francia, su invito del cardinale Alberico, legato di papa Eugenio III, per combattere gli eretici seguaci del monaco Enrico.

In quegli anni Bernardo si allontana da Clairvaux sempre più malvolentieri, non soltanto per motivi di salute. È ragionevole pensare che viaggi con un piccolo corteo di confratelli, dotato di varie cavalcature. A 55 anni il grande abate è un uomo vecchio, ampiamente provato nel fisico, malato, stanco; ma è comunque Bernardo di Chiaravalle, il padre del ricco e potente ordine cisterciense, una delle figure più rispettate della cristianità, della quale si dice che sia il vero papa, e non il suo ex confratello e discepolo Eugenio.

Uno dei punti cruciali della predicazione eretica è proprio la ricchezza ecclesiastica e il richiamo alla povertà di ispirazione evangelica. Quando Bernardo attacca il suo sermone, forse sul sagrato della chiesa principale, «un eretico gli fece notare, ironicamente, quanto grasso e ben pasciuto fosse il mulo ch’egli cavalcava» (anche l’impertinente Walter Map, tra l’altro, nel parodiare un miracolo del santo fa menzione della sua «asinam magnam»).

Ed ecco la scena madre, che mi piace immaginare preceduta e seguita da un silenzio teso e profondissimo: Bernardo non risponde, lo sguardo fisso nella direzione donde è venuta la voce. Un suo monaco gli si avvicina lentamente, con due dita prende il cappuccio del saio del suo abate e lo tira, scoprendo il capo e soprattutto il collo di Bernardo.

Un collo magro e segnato da oltre vent’anni di digiuni e penitenze.

(L’ultimo incontro con questo episodio l’ho avuto grazie a Raoul Manselli, Evangelismo e povertà, in Il secolo XII: religione popolare ed eresia, Jouvence 1995, pp. 47-66.)

 

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