Dice Giovanni Cassiano del monaco superbo, intorno al 420:
A tal punto s’accresce nel suo animo il fastidio per ogni parola di sapore spirituale che, ogni qualvolta viene tenuta una conferenza di tal genere, il suo occhio non riesce a fermarsi in un punto solo e il suo sguardo s’aggira incerto qua e là, a destra e a sinistra, più di quanto avvenga di solito. Invece di sospiri salutari, egli si mette a schiarirsi la gola, pur avendola secca; finge emissioni catarrose senza alcuna provocazione reale; le sue dita si mettono a giocherellare e le muove alla maniera di chi sta scrivendo o dipingendo; tutte le sue membra si agitano da una parte e dall’altra in maniera tale da far pensare che, finché dura la conferenza spirituale, egli sia seduto sopra uno strato brulicante di vermi o sopra un cumulo di chiodi acutissimi.
Giovanni Cassiano, Istituzioni cenobitiche, XII, 27, 2-3, a cura di L. Dattrino, Edizioni Scritti Monastici, Abbazia di Praglia 1989, p. 307.