Il Maestro è un Sei, Benedetto un Nove

Sempre in attesa di affrontare la Regola del Maestro (RM), il precedente diretto della Regola di Benedetto, mi è capitato di leggere un bell’articolo, dello studioso benedettino Benoît Standaert, che mette a confronto i due autori sul piano della spiritualità e del temperamento, e vi ho appreso tra l’altro che esiste un filone di studi che ha esplorato la congettura che i due siano la stessa persona, essendo la RM opera giovanile di Benedetto.

Nell’isituire il raffronto, l’articolo curiosamente si avvale anche di categorie tratte dalla Caratteriologia e dall’Enneagramma: «Il Maestro è caratterialmente un grande emotivo, secondario e attivo, ciò lo annovera tra i passionali. La sua personalità è notevolmente angosciata, abitualmente sospettosa, con una tendenza che in certi momenti può divenire paranoica. […] Ai suoi occhi, perché tutto vada bene, basterà prevedere tutto e introdurre dappertutto le necessarie precauzioni» (cosa che mi piace assai). In base all’Enneagramma, «lo si può situare tra i Sei, il tipo proprio più angosciato dei nove, con un’ala in Sette… e un’ala in Cinque». Benedetto invece «è un flemmatico, un secondario, attivo, e un impressionante non-emotivo»; è un Nove, che «cerca di bilanciare e controbilanciare i punti di vista come le prese di posizione, per ottenere prima di tutto l’armonia».

Ma l’aspetto forse più interessante dell’articolo è la ricostruzione che lo studioso fa del rapporto tra i due. Anzitutto «niente impedisce di pensare che si siano conosciuti personalmente»; in secondo luogo bisogna ricordare che Benedetto non si limita a citare quando gli occorre il Maestro: «Egli lo riscrive, lo ripensa, lo adatta, lo corregge anche su molti punti, ne scarta osservanze, eccezioni e digressioni in gran numero». Questo comportamento spregiudicato, secondo Standaert, fa propendere per la tesi che Benedetto abbia scritto la sua Regola quando il Maestro era già morto. Come si può spiegare tutto ciò?

Ci sono un paio di indizi, nella RM e nella Vita di San Benedetto di Gregorio Magno, che permetterebbero una affascinante ricostruzione.

Le cose potrebbero essere andate così. In caso di morte improvvisa dell’abate, la RM prevede che si faccia venire nel monastero un «abate molto santo», che per un mese almeno osservi la comunità, abbranciandone e studiandone la Regola, e poi designi il successore. Gregorio Magno racconta che i monaci di una comunità a sud di Roma, presso Subiaco, a un certo punto si rivolsero a Benedetto, in occasione della morte del loro abate. Benedetto va, si ferma, studia e alla fine diventa lui stesso il nuovo abate, cercando anche di «raddrizzare la situazione che, da quanto ci dice il papa Gregorio, era fortemente degradata». È così che Benedetto conosce a fondo la Regola di quel monastero, ne conosce soprattutto i limiti, infatti «è nota la sconfitta che seguirà. Benedetto si rende conto che hanno deciso di avvelenarlo e con calma si ritira “tornando alla sua amata solitudine”». Quell’abate, cui Benedetto è succeduto, era il Maestro, e quella Regola era la RM.

Benedetto ha riflettuto a lungo su quel sorprendente fallimento: «Ha dovuto tener conto delle cose: non era tutta colpa dell’abate – eremita senza esperienza di vita comune –, né della Regola, né dei monaci del luogo che lo avevano scelto. Bisognava ripensare all’articolazione delle tre cose, partendo naturalmente dal testo normativo che sta al centro. Si doveva dunque emendare la Regola in vigore, completarla, raggiustarla in certi particolari. Così erano nati i principi di redazione della sua propria Regola». Benedetto avrebbe quindi studiato sul campo, e non soltanto su un manoscritto, la RM, prima di decidersi, visti gli esiti, a modificarla, a riscriverla con decisione e libertà: se hanno cercato di farmi fuori, ci dev’essere qualcosa che non funziona.

Il confronto tra i due testi, alla luce di questa ipotesi, «chiarisce molte abbreviazioni di Benedetto, rivela delle modifiche che sono a volte delle severe correzioni del Maestro e permette di stimare ancor meglio colui che, con discernimento, ha saputo redigere un tale modello del tutto eccezionale di equilibrio».

Benoît Standaert, San Benedetto e il Maestro: alla ricerca del rapporto spirituale tra i due (2011), in «Ora et Labora» LXVIII, 1 (gennaio-giugno 2013), pp. 45-58.

 

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