«Molti sanno che suono la chitarra elettrica. A volte sono “l’abate che ama gli AC/DC”, a volte “il monaco che suona il rock”. E quando sono sul palco con la mia band [un corsivo commovente] Feedback, in abito talare e con la mia croce al collo, noto non raramente dei volti increduli.» Non è proprio una frase che ti aspetti di trovare nel libro dell’abate primate della Confederazione benedettina. Sapevo delle passioni musicali, non soltanto rock, dell’abate Wolf, peraltro documentate, ed ero curioso di leggere qualcosa della sua ampia bibliografia.
Imparare dai monaci, sia detto senza riprovazione, è un’interessante operazione di marketing, ben condotta, con stile e sostanza; non sorprendente, considerando il ruolo internazionale del suo autore. Saldamente legato come ogni benedettino al suo monastero, Sant’Ottilien, in Baviera, Notker Wolf (nato nel 1940 e primate dal 2000) risiede da anni a Roma, viaggia, parla, ascolta e scrive molto, e incontra molte persone, in ogni continente, religiose e no. Le sue parole scritte hanno un tono leggero, aperto, fiducioso; nonostante il titolo, la sua non è una lezione, bensì una gentile e simpatica pubblicità progresso: «La Regola benedettina dà buoni risultati da 1500 anni e oggi nel mondo vivono circa 25.000 benedettini e benedettine secondo questa Regola. Porgiamo insieme l’orecchio, cerchiamo e scopriamo cosa dai monaci – naturalmente anche dalle monache e sorelle – possiamo imparare».
Tre parti: cosa possiamo imparare in rapporto a noi stessi, alla comunità di cui facciamo parte, al mondo in cui viviamo. La formula funziona molto bene, e anche questo non sorprende se si ha presente la straordinaria caratteristica della Regola di san Benedetto – che è pur sempre un testo normativo – di unire l’assoluta limpidezza riguardo agli scopi (anzi, allo scopo) a una formidabile duttilità pratica. Le categorie della vita monastica benedettina si prestano con facilità a essere declinate per le cosiddette inquietudini dell’individuo comune contemporaneo, assillato, strattonato, stanco e stressato, e l’abate primate non è il primo a cimentarsi con il tema, ma è bravo a tenersi lontano da certi deliri della manualistica self-help, pur costeggiandone i lidi. Soprattutto è ironico e molto abile a trovare le immagini e i parallelismi giusti per rendere attuali ed evidenti certi concetti. Mi ha fatto sorridere ad esempio la similitudine tra McDonald’s e l’Ordine benedettino: il menù è uguale dappertutto, magari con qualche lieve variazione locale, «dai benedettini funziona in modo simile: anche noi abbiamo aperto in tutto il mondo le nostre filiali, quasi come il sistema di franchising, con la Regola di Benedetto alla mano»; oppure la riscrittura aggiornata del famoso brano di Evagrio sul demone meridiano: «Tornavo dal pranzo, mi volevo sedere di nuovo alla scrivania e buttare giù un paio di idee per questo capitolo. Ho guardato fisso lo schermo del computer. Niente. Ho preso degli appunti. Niente. Svogliatezza. Mi sono guardato intorno, ho visto l’enorme cumulo di mail stampate a cui dovevo ancora rispondere, ho pensato alla lezione che avrei tenuto domani e dopodomani quell’altra. Lentamente sono scivolato nell’autocommiserazione e nell’irritabilità…»
Sia chiaro, l’ironia e la leggerezza non impediscono all’abate di pronunciarsi anche su questioni di rilievo etico e sociale, quelle che ci si può aspettare, con un generale atteggiamento di comprensione e speranza, di ecumenismo, che merita rispetto: «Non si può tornare indietro: dobbiamo osare, convivere, cooperare ed essere qui l’uno per l’altro». Certo che quando scatta la citazione di Pulp Fiction, del Bayern, o di quel «purè di radici di manioca che mi è rimasto sullo stomaco per tre giorni», è la simpatia che prevale.
Notker Wolf, Imparare dai monaci (2009), traduzione di M. Susini, Edizioni Dehoniane 2013.
che dire… dopo pranzo sono secoli che poniamo rimedio al demone di mezzogiorno con una bella sieta 😉