Dopo Thomas Merton, come dicevo, si è aperta una stagione di letture trappiste, anche non fondamentali, fatte soltanto per il piacere della curiosità. Come A Visit to the Monastery of La Trappe, in 1817, pubblicato l’anno dopo a Londra da W.D. Fellowes, esquire. [Figlio del medico di Giorgio IV, William Dorset Fellowes (1769-1852) fu ufficiale di Marina, svolse incarichi a Corte e viaggiò molto. Oltre alla Visita, pubblicò un resoconto marinaresco e una raccolta di lettere scritte durante un viaggio a Parigi nel 1815: Paris: during the interesting month of July, 1815 («Quello che tralasciò di dire fu che abbandonò la moglie e il figlio per una donna francese incontrata durante quell'”interessante mese”»).]
La «visita» vera e propria occupa il primo capitolo del curioso volumetto e ha luogo nel mese di luglio. Lasciata Parigi in direzione di Nanterre, munito delle dovute «lettere di presentazione», Fellowes arriva a Soligny (nell’Orne), dove il sindaco, incuriosito dal fatto che un inglese voglia visitare la Trappa («Mi ero deciso ad andarvi per conoscere il vero circa le austerità di cui avevo letto nelle Memorie del conte di Comminge»), lo mette in guardia circa i pericoli dell’escursione, rappresentati soprattutto dai lupi. Partenza all’alba, a cavallo, con una guida del luogo, che tuttavia si perde nei boschi, mentre gli racconta storie terribili, appunto, di lupi. Verso il tramonto, finalmente, uscendo dalla Foresta di Bellegarde, Fellowes raggiunge il monastero, che si era annunciato con i rintocchi della campana del Vespro. La visione lo colpisce oltremisura:
«Credo che non ci sia nulla nel mondo intero meglio concepito per ispirare un profondo sentimento religioso che la vista di questo monastero: imponente, al punto di togliere il respiro. La solitudine completa; il silenzio spaventoso e indisturbato, che sembra aver sempre ricoperto la foresta cupa e antica; i laghi, la cui superficie immobile riflette la solennità di ciò che li circonda: ogni cosa trasmette un’immagine potente di assoluta reclusione e di separazione senza rimedio dagli esseri viventi, e pare costruita apposta per accogliere e soddisfare le più dure austerità della devozione, per nutrire il fanatismo di immaginazioni malate, per compiacere le fantasie più selvagge e favorire i più tetri programmi di penitenza e privazione!»
Una prima impressione che poi muta, in parte, quando Fellowes fa il suo ingresso all’abbazia, quasi timoroso di disturbarne la quiete sovrumana. Ad accoglierlo è fratello Charles, segretario del priore, assente perché in visita a un monastero di consorelle (all’epoca, il priore era Augustine de Lestrange, figura di capitale importanza per la storia dei trappisti durante l’epoca della Rivoluzione francese e delle guerre napoleoniche, oggetto anche di dure critiche per gli eccessi penitenziali). Appena terminato il Vespro, il segretario lo invita a unirsi ai monaci per la cena: «pane inzuppato nell’acqua, un po’ di sale, due carote crude». Durante la refezione un monaco legge le scritture, un altro si inginocchia ai piedi di ognuno e glieli bacia, un altro resta inginocchiato tutto il tempo al centro del refettorio. Infine, Fellowes si ritira per la notte «soddisfatto perché tutto quello che avevo sentito, e immaginato, della Trappa, è infinitamente lontano dalla realtà e non può essere data un’adeguata descrizione della sua tremenda e desolata solitudine».
Il mattino dopo il gentiluomo visita il piccolo cimitero, dove c’è sempre una fossa aperta, pronta per il prossimo monaco destinato a morire, e dove un cippo ricorda la sepoltura del fondatore, l’abate Rancé. Poi si sofferma su alcuni degli usi dell’Ordine, osservando come essi conducano, a suo parere, a una vita di totale solitudine ancorché all’interno di una comunità: soltanto l’abate conosce il vero nome, l’età e la provenienza di ciascun monaco, e tale è la consegna del silenzio (e il cappuccio sempre calato e lo sguardo sempre rivolto al terreno) che due confratelli possono vivere per anni insieme prima di scoprire, ad esempio, di essere parenti. Dopo pranzo (stesso menù della cena con in più un piatto di cavolo bollito), Fellowes viene condotto in una stanza dove può ammirare il ritratto di Rancé,

"Arm'd Le Bouthillier de Rancé. S'r scauant et célèbre Abbé Réformateur de La Trappe. Mort en 1700. à près de 77 ans, et de 40 ans de la plus austère pénitence" (dipinto di Hyacinthe Rigaud).
davanti al quale ripassa la storia di questa «singolare società», dalla conversione del fondatore alle traversie affrontate per riformare la Trappa (compreso un tentato omicidio cui Rancé sfugge per miracolo), dalle distruzioni della Rivoluzione alla recente ripresa, segnata da tante nuove vocazioni, «a dispetto della perpetua violenza esercitata dalla regola su ogni sentimento umano».
È impressionato e perplesso, l’esquire, a conclusione della sua visita, nondimeno riconosce nel suo ospite una speciale qualità di accoglienza. Vorrebbe saperne il nome, ma fratello Charles non può assolutamente dirglielo; accetta invece con gioia che Fellowes lasci un biglietto a testimonianza del suo passaggio:
«Convento di La Trappe, 20 luglio 1817. Oggi ho visitato il Convento di La Trappe, mentre era assente il Gran Priore, al quale avevo portato una lettera di presentazione del signor Lamorelie, Sottoprefetto di Mortagne. Sono stato ricevuto, e accompagnato, da fratello Charles Marie, Segretario del Priore. Mi è impossibile rendere giustizia per iscritto dell’accoglienza gentile, cortese e ospitale che ho ricevuto da lui. Posso soltanto osservare che non potrò in alcun modo dimenticarla! Se questi uomini degni e pii hanno sì abbandonato il mondo in cerca di solitudine e austerità, nella negazione di se stessi non hanno dimenticato la benevolenza e la bontà dovute agli estranei. Possa la loro devozione ottenere il suo premio!»
A Visit to the Monastery of La Trappe, in 1817. With notes taken during a tour through Le Perche, Normandy, Bretagne, Poitou, Anjou, Le Bocage, Touraine, Orleanois, and the environs of Paris. By W.D Fellowes, esq., London 1818. (Le note sull’autore le ho prese dalla scheda di una libreria antiquaria olandese.)