Dicesi «cronotassi» un elenco in ordine cronologico delle persone che hanno ricoperto una determinata carica e, nel campo degli studi monastici, le «cronotassi abbaziali» sono gli elenchi degli abati di una determinata abbazia. Sono il risultato di un lavoro d’archivio minuzioso ed estenuante e sono più che altro strumenti di lavoro per altri studiosi alla ricerca di dati e informazioni. Non sono, insomma, testi «di lettura».
E tuttavia le cronotassi sono, a loro modo, affascinanti. L’ultima nella quale mi sono imbattuto occupa quasi novanta pagine del numero di gennaio-giugno 2011 di «Benedictina», porta il titolo di Contributo alla cronotassi abbaziale del monastero di S. Lorenzo di Aversa (secc. XVI-XIX) ed è firmata da Faustino Avagliano. Il suo significato storiografico è ben riassunto nell’introduzione: «Consapevoli dell’importanza di disporre delle liste abbaziali quanto più possibile complete, perché come è stato notato di recente “la storia di un’abbazia benedettina si scandisce anzitutto attraverso la successione dei suoi abati”, ben volentieri ci siamo assunti questo “compito primario di una ricerca di storia monastica [che] è l’allestimento di una cronotassi abbaziale…”».
Le cose curiose sono molte, a partire dall’elenco degli abati medievali di San Lorenzo che precede il «Contributo», da Gualterius (1055) ad Aloysius de Aragonia (1514); dal quale elenco emerge ad esempio un «Bonus-homo» nel 1182, oppure un «Ioannes de Aragonia cardinalis, filius Ferdinandi regi» nel 1485, o il fatto che dal 1404 cominciano a comparire i cognomi, al tempo degli abati commendatari quando «in monasterio erant solum duo monachi». La cronotassi vera e propria inizia con il 1514, anno in cui il monastero è aggregato alla Congregazione Cassinese, e si conclude nel 1807 con la soppressione napoleonica (oggi la gran parte degli edifici ospitano la Facoltà di architettura «Luigi Vanvitelli» dell’Università di Napoli); il primo abate è d. Michele Magdalena da Montescaglioso e l’ultimo attestato è d. Vincenzo Rogadei da Bitonto nel 1804.
L’entrata tipica recita così: «1784, 1 maggio – D. Benedetto Tresca da Lecce, abate. Nel Capitolo Generale del 1784, celebrato il 1 maggio a S. Giustina di Padova, è eletto abate di S. Lorenzo di Aversa d. Benedetto Tresca da Lecce, professo di S. Lorenzo di Aversa il 2 agosto 1757. In pari data è eletto priore di S. Lorenzo di Aversa d. Carlo Ruggiero da Salerno; d. Romualdo Calò da Bari è invece nominato maestro dei novizi, mentre d. Francesco Saverio Fazzari da Tropea è nominato cellerario. Sono invece trasferiti a S. Lorenzo da Piacenza, d. Giuseppe Sanseverino a Catacio, lector; da S. Caterina di Genova, d. Raffaele Mazzola di Aversa; da Arezzo, d. Giovanni Battista di Arezzo; mentre d. Casimiro della Valle di Aversa è assegnato al monastero di Bologna».
E via, anno dopo anno, una sfilata di nomi: monaci che sono trasferiti da un’abbazia all’altra, nominati priori, tesorieri, cellerari, maestri dei novizi, visitatori; abati di un solo anno o per diciassette volte (come, mi pare, Isidoro del Tufo); nomi che tradiscono origini nobiliari (d. Giacomo I Perez-Navarrete) e monaci dei quali «non è riportato il nome»; abati di «singolare prudenza e solerzia» o il cui governo «non fu mai troppo felice», abati che fondano accademie, costruiscono, restaurano, partono in missione su incarico papale; e poi la rete fitta delle abbazie cassinesi e l’eco delle vicende della politica (Masaniello nel 1647, p.es.).
Un lungo corteo di morti, che suscita nel lettore che procede senza soffermarsi troppo (so già che tutto o quasi dimenticherò), unito all’ammirazione per l’estensore della cronotassi, un vago senso di vertigine – il senso della storia.