Il famoso capitolo IV della Regola di Benedetto contiene il programma di vita del buon cristiano, prima ancora che del monaco. Si compone di 74 precetti, che consentono la realizzazione delle «buone opere», come recita il titoletto del capitolo, e unisce ai Comandamenti le opere di carità, la cosiddetta Regola d’oro e numerose altre indicazioni di portata più o meno grande. Benedetto ha ricavato l’elenco dalla fonte diretta della sua opera: la Regola del Maestro, che a sua volta molto probabilmente si basa su un elenco preesistente, e così via.
Sempre dal Maestro, Benedetto trae anche l’immagine del monastero come «officina» dove tali strumenti possono essere utilizzati con grande giovamento, a patto che, e questa è un’aggiunta benedettina fondamentale, vi si risieda stabilmente. Le traduzioni italiane dicono in entrambi i casi di «strumenti dell’arte spirituale» (Ben.) e di «strumenti dello spirito» (Mae.), ma gli instrumenta artis spiritalis di Benedetto erano i ferramenta spiritalia e i ferramenta cordis del Maestro. Ferramenta: una vera e propria cassetta degli attrezzi.
È un bell’elenco, che ha avuto una larghissima diffusione e sul quale si è scritto molto, e nel quale gli interventi di Benedetto rispetto al Maestro sono minimi. Minimi ma non irrilevanti.
1. Un precetto viene spostato (be’, questo in effetti non è molto rilevante).
2. In genere Benedetto rende le formulazioni più asciutte, in un caso però aggiunge un inciso molto significativo. Laddove il Maestro dice che il monaco deve «prestare obbedienza agli avvertimenti dell’abate», Benedetto precisa di «obbedire in tutto agli ordini dell’abate, anche se egli – il cielo non voglia! – si comporta diversamente, ricordando quel comandamento del Signore: “Fate quello che dicono, ma non fate quello che fanno”». Sempre realista, Benedetto.
3. L’abate di Montecassino aggiunge quattro precetti: pregare per i nemici (che è in parte un doppione), venerare gli anziani, amare i giovani (anche altrove insiste sulla «verticalità» della fratellanza in monastero) e fuggire la boria (anche questo è quasi un doppione e secondo me qui parla proprio il suo fastidio per certi atteggiamenti).
4. Benedetto elimina infine sette precetti del Maestro. Uno (donare al bisognoso) gli sarà parso una ripetizione di soccorrere i poveri; un altro (dare a prestito) forse perché presuppone in qualche modo la proprietà individuale; due per non confondere i suoi confratelli sull’importanza di lavorare: contare su Dio per la realizzazione dei propri desideri e non sperare il sostentamento soltanto dal lavoro delle proprie mani, ma più da Dio; uno ancora per non confonderli su chi comanda in abbazia: obbedire a tutti i buoni di tutto cuore. Le ultime due eliminazioni sono tristi, e gli saranno costate, ma denotano una considerazione tutta umana dei propri limiti e di quelli di ognuno. Mi concedo di immaginarmelo, Benedetto, che, dopo averci pensato tutto il giorno, tira due righe sul foglio che ha davanti:
Tenere fede al fratello.
Adempiere le promesse e non deludere.