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Il pettegolezzo è uno dei bersagli più frequenti dei Padri del deserto e degli scrittori cristiani delle origini. La maldicenza, lo sparlare, l’attenzione verso le dicerie e il piacere di condividerle. Un esempio curioso e articolato di questo atteggiamento l’ho trovato nel Libro dei gradi – opera di area siriaca databile tra la fine del IV secolo e l’inizio del V e probabilmente relativa alla comunità protomonastica dei «Figli e Figlie del Patto».

Nel micidiale Discorso XXIX, Sul maltrattamento del corpo (sul quale tornerò più diffusamente), l’autore anonimo traccia un catalogo degli «induriti», cioè dei peccatori, che rispecchia perfettamente una parte dello spettro di comportamenti reciproci di una comunità di uomini e di donne di oggi. In particolare, sarà colpevole colui o colei «quando dà credito a qualche racconto venuto da lontano senza aver visto né sottoposto a esame; quando riferisce a qualcuno qualcosa di sconveniente e privo di misura»; naturalmente quando mente o non mantiene le promesse, ma anche «quando non fa partecipe dell’onore chi lo merita… quando dice cose odiose sui virtuosi… quando rivela il segreto del suo compagno».

Già, perché chi cede a queste debolezze e pronuncia «vane cose», dovrà renderne conto alla fine dei tempi, lui «e coloro che le prendono per vere e le ripetono dopo coloro che le hanno proferite, anche se non hanno avuto visione diretta delle cose e non le hanno toccate con mano». È per le parole, ce lo ricorda Gesù (nel Vangelo di Matteo), che saremo giustificati o condannati, per cui una scelta saggia è quella di tacere del tutto, anche su ciò che si conosce di persona.

Anche perché, se all’autorità territoriale (il «re terreno e i suoi scribi») non sfugge alcuna faccenda del regno, figurati al «Re celeste»… che riprenderà il maldicente così: «“Tu, cos’hai detto nel tal posto? Vieni a rendere conto.” E se lui risponde: “L’ho sentito dal tale”, nessuno accetterà, ma: “Rendi conto della cosa: perché l’hai presa per vera e l’hai divulgata senza che ne abbia avuto visione?”» Eh, perché?

Verificare sempre le fonti, mi raccomando.

Il libro dei gradi, XXIX: Sul maltrattamento del corpo, in Il digiuno nella chiesa antica, a cura di I. De Francesco, C. Noce e M.B. Artioli, Paoline 2011.

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