Reperti 1-3

(Reperti, cioè ritrovamenti monastici in contesti disparati.)

1. Precisazioni

In una lettera a Gianfranco Contini del 14 gennaio 1958, Gadda si lamenta dell’esito di un’intervista che ha concesso a un giornalista (dalle note si apprende che si trattava di Alberto Cavallari) del «Corriere d’Informazione». Ne sono uscite espressioni a suo dire di spregio per la sua «povera ma pulita casa» e per alcune suppellettili. «E poi», aggiunge, «mi chiamò ingegnere-frate e mi affibbiò una Perpetua (sic): i frati, dai Basiliani di Anatolia ai Benedettini ai Francescani ai Domenicani ai Gesuiti ai Gesuati ai Barnabiti ai Carmes, non hanno mai avuto perpetua, che è governante zitella di prete secolare, di parroco, e secondo il borromeiano Catechismus ad parochos deve aver superato gli anni 40, “l’età sinodale dei quaranta”.» L’elenco degli Ordini è abbastanza curioso, ed è ancor più curioso che l’ingegnere contesti la proprietà dell’attribuzione della perpetua e non l’appellativo di frate.

Gianfranco Contini, Carlo Emilio Gadda, Carteggio 1934-1963, Garzanti 2009, p. 251.

2. Ritmo veglia-sonno

Dopo l’accorata invocazione del Salmo XLIV («Svegliati, perché dormi, Signore? / Destati, non ci respingere per sempre»), può capitare di indulgere all’idea, un po’ romantica e nutrita anche di immagini recenti, dei cori di monaci che pregano nel cuore della notte, mentre il resto del mondo dorme, che mantengono desto ininterrottamente il colloquio con Dio, un Dio che ne ascolta il canto, per quanto flebile sia. Poi, improvvisamente, un poeta dice: «Quando in terra ammutolì il pregare, Dio si svegliò di soprassalto».

Paul Celan, Microliti, Zandonai 2010, p. 21.

3. Una giunta

È lo stesso Petrarca a raccontare la storia del famoso «supplemento romualdiano» inserito nel suo De vita solitaria. Lo fa in una delle sue lettere Senili, la XVI, 3, indirizzata intorno al 1372 a Francesco da Siena. Le prime copie della Vita solitaria avevano cominciato a circolare dal 1366 e una era finita a Venezia, a casa di un suo amico («era precisamente il primo esemplare che io ne aveva fatto trascrivere: ond’è che, come suole avvenire, tutte le margini erano piene di correzioni e di giunte»). Qui l’aveva vista il priore di Camaldoli, che l’aveva scorsa e aveva esclamato: «E che fece egli mai, Romualdo santo fondatore dell’ordine nostro, e tanto insigne amatore della solitudine perché meritasse di non essere in questo libro?» La verità era che Petrarca non lo conosceva, sicché il priore si prese la briga di andare ad Arquà, parlargliene diffusamente e, in seguito, spedire al poeta una copia della vita di Romualdo di Pier Damiani. Petrarca s’affrettò a scrivere un foglio, il «supplemento romualdiano» appunto, che venne intercalato al codice primario. Una «giunta», come la definisce lui stesso, che non potendo superare la misura di un foglio è piena di «troppo lungo sarebbe…», «e sarebbe anche troppo lungo…», «troppo lungo sarebbe, infine…», «nessuna penna potrebbe mai descrivere…», «nessuna penna potrebbe descrivere infine…», «e troppo lungo sarebbe…», «sarebbe troppo lungo, dico…» Okay, abbiamo capito.

Il problema fu che, dopo l’affaire Romualdo, «ciò risaputosi da un altro amico mio, cominciò a lagnarsi egli pure perché avessi dimenticato un Giovanni mio concittadino, e fondatore dell’ordine di Vallombrosa». E poi seguì un religioso che chiese conto dell’assenza di Domenico… Si rischiava di non finire più, sarebbe stato meglio evitare che le copie incomplete si moltiplicassero: «Poiché dunque al libro io già feci per Romualdo una giunta, e un’altra forse dovrò farne per Giovanni, mi sarebbe piaciuto che tu non ti fossi dato tanta fretta nel copiarlo».

2 commenti

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2 risposte a “Reperti 1-3

  1. Pingback: Placida Signora » Blog Archive » La Salma Paziente di Caterina, “la Santa” di Bologna

  2. Secondo me il Gadda quando vide l’appellativo “fra” si beò

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