In realtà, dice il poeta fratello di un monaco. Scrive infatti Francesco Petrarca in una lettera del 25 settembre 1349 al fratello Gherardo, monaco della Certosa di Montrieux:
Se calcolo bene, nel servizio di Gesù Cristo e nella sua scuola, tu taci ormai da sette anni. È tempo ormai che cominci a parlare oppure, se il silenzio ti è dolce oltre ogni cosa, che mi risponda anche in silenzio. Tu ricordi, fratello, quale una volta era la nostra condizione e quanta faticosa dolcezza cosparsa di infinite amarezze tormentava il nostro animo. […] Tu ricordi quanto grande e quanto vano fosse in noi il desiderio di splendide vesti che ancora mi tiene, lo confesso, per quanto sempre meno ogni giorno; quel continuo affaccendarsi a vestirci e spogliarci, faticosamente ripetuto mattina e sera; quel timore che un capello potesse uscire di riga o che un lieve soffio di vento scomponesse la vanitosa acconciatura della chioma; quella cura che mettevamo nello schivare le bestie che ci venivano incontro o alle spalle perché la veste nitida e profumata non si macchiasse di uno schizzo di fango o, nell’urto, dovesse sgualcirsi. Stolte davvero preoccupazioni degli uomini, e dei giovinetti soprattutto!
Francesco Petrarca, Lettere familiari, X, 3, in Epistole, a cura di U. Dotti, Utet 19832, p. 265 (come assaggio di una storia bellissima del fratello certosino del Petrarca di prossima relazione).