Già che ho messo il piede nel mirabile Prologo del primo libro, mi son detto, perché non leggerli, una buona volta, i Dialoghi di Gregorio Magno? Una di quelle opere così sovraccariche di commenti, studi critici, apparati filologici e così disseminate in citazioni di ogni tipo che rischio spesso di dare per scontate, se non acquisite: ah, certo, i Dialoghi, la Vita di san Benedetto…1
Senza la minima pretesa di cogliere dettagli passati inosservati – di questo genere di opere tutto è stato già colto da generazioni di lettori attrezzatissimi2 –, è molto bello leggere in libertà e soffermarsi sui particolari che attirano la propria attenzione, come se si fosse lì con il diacono Pietro ad ascoltare i racconti di un papa (590-604) un po’ stanco e senza tiara.
Alcune annotazioni sembrano perfette per confermare persistenti modi dire, come «certe cose non cambiano mai»: «Si diceva allora in giro [rumor exierat] che nel monastero di quel servo di Dio ci fosse molto denaro»; o «l’abito non fa il monaco»: l’abate Equizio «indossava vesti molto modeste ed era di aspetto così dimesso che, se avesse salutato uno che non lo conosceva, costui avrebbe disdegnato di rispondere al saluto».
Ci si imbatte spesso in opinioni espresse chiaramente in prima persona: «Io considero [ego enim… credo] la virtù della pazienza più importante di segni e miracoli»; «Io invece ritengo, Pietro…» [Ego, Petre… existimo]; «Io ho sempre gradito parlare con persone anziane» [Mihi senum conlocutio esse semper amabilis solet]; allo stesso modo è evidente come talvolta Gregorio non stia parlando di altri che di sé: «Il fatto è che il cumulo delle incombenze rovina l’anima di ogni vescovo; e quando essa si divide in più occupazioni, si svilisce in ciascuna di queste».
C’è un vasto insieme di spunti che testimoniano «la modestia sociale del clero e le difficoltà economiche della chiesa» (una «chiesa minore, non opulenta né autoritaria», la cui povertà peraltro aiuta a custodirne l’umiltà) e l’attenzione verso gli aspetti più basilari, come l’alimentazione: seminare, raccogliere, galline, finito l’olio, anche il vino, per non parlare del grano, un po’ di erbe aromatiche, ecc. Al capitolo 3 troviamo il monaco ortolano che scaccia il ladro che gli devasta l’orto con l’aiuto di un serpente; poi scopriamo che l’occasione di tentazione per una monaca, che scatena l’azione del diavolo, è un’innocente insalata: «Adocchiata una lattuga [lactucam], le venne il desiderio di mangiarla»; quando un emissario del papa va a cercare Equizio, lo trova impegnato a falciare il fieno e si sente rispondere: «Finisco il lavoro e ti seguo»; il presbitero Severo rimanda un intervento perché «in quel momento era casualmente occupato a potare la sua vigna»; i confratelli di Martirio che «cuocevano il pane sotto la cenere e si dimenticarono di imprimere con un pezzo di legno il segno di croce sul pane crudo in modo che sembrasse diviso in quattro parti» (come si usa da quelle parti, aggiunge Gregorio); ancora cogliamo il priore Nonnoso mentre osserva le balze scoscese (del Soratte) su cui sorge il suo monastero, e «si mise a pensare che quel piccolo spazio avrebbe potuto essere adatto almeno a farvi crescere gli aromi con cui condire la verdura» – il miracolo sta, è ovvio, nel potere della preghiera (che libera il «piccolo spazio» dai sassi): «È veramente meraviglioso che Dio si degni di esaudire le preghiere di chi spera in lui, anche in cose di poco conto», nondimeno le verdure saranno diventate più saporite…
La dimensione di questi racconti e dei relativi miracoli è prevalentemente rustica, paesana, centro Italia, si deve sgobbare, ci si ammala la mattina e si muore la sera, sera in cui non si può che stare intorno al fuoco, i Goti imperversano (e bevono «da Goti»), i cavalli costano… ma anche dal più piccolo segno si può trarre una lezione morale, tutt’altro che piccola, e nelle più piccole circostanze si può trovare la prova di una grande santità. Ci pensi? chiede a un certo punto Gregorio a Pietro. Eccome, risponde Pietro, «e resto stupefatto».
______
- Gregorio Magno, Storie di santi e di diavoli (Dialoghi), volume I (Libri I-II), introduzione e commento a cura di S. Pricoco, testo critico e traduzione a cura di M. Simonetti, Fondazione Lorenzo Valla / Mondadori 2005.
- Erich Auerbach, tanto per dire, ha scelto tre racconti di Gregorio e li ha analizzati «come esempio di “realismo” medievale e di stile popolare».










