«Giunto [Romualdo] nelle regioni del territorio di Arezzo e desiderando ardentemente di trovare il luogo adatto al suo proposito, gli venne incontro un uomo di nome Maldolo, dicendo che possedeva un ameno campo sulle Alpi [leggi Appennini], dove una volta, mentre dormiva, aveva visto, come il patriarca Giacobbe, una scala altissima, che con la sua cima toccava quasi il cielo e sulla quale si vedeva salire una moltitudine di esseri bianchi e splendenti. Udite queste parole, l’uomo di Dio, come illuminato da un oracolo divino, subito raggiunse quel campo, vide il luogo, vi costruì le celle…» Maldolo, hai proprio ragione…
Così il priore Rodolfo, nel Libro della regola eremitica1, racconta la leggenda della fondazione dell’eremo di Camaldoli da parte di Romualdo. La visione era dunque di tale Maldolo, ma nel passaggio all’iconografia viene, «comprensibilmente», trasferita allo stesso Romualdo e si diffonde lungo i secoli in una serie notevole di variazioni sul tema: miniature, dipinti e affreschi di cui raccolgo qui qualche esempio (la ricerca in Rete è assai facile).
Nella Visione di san Romualdo (1360-80) di Jacopo da Bologna (alla Pinacoteca nazionale di Bologna) la scala, a pioli, è appoggiata a un altare e buca in alto la volta del cielo dorato verso le stelle. I monaci vi salgono con cautela, aiutandosi con le mani, ben distanziati. Il santo dorme tranquillo (la barba ancora scura) posando il capo su un braccio piegato, in una posizione di grande naturalezza.
Nella Visione di san Romualdo, che Luca Longhi dipinse nel 1579, insieme con il figlio Francesco, sulla volta del refettorio di Classe a Ravenna (ora Biblioteca Classense), il santo si è addormentato leggendo, pardon, rivedendo il testo dell regola, e la scala è ancora una scala a pioli appoggiata alle nuvole e che non dà l’idea di essere proprio sicurissima. Incuranti dei pericoli, peraltro, i monaci si avventurano pure in qualche acrobazia.
Nel Sogno di San Romualdo di Donato Mascagni (chiostro di Santa Maria degli Angeli a Firenze, 1600), l’«uomo di Dio» è ancora correttamente vestito di panno scuro, s’intravedono una decina scarsa di solidi gradini ormai in muratura e i monaci vi salgono a due a due e in definitiva armonia (a giudicare dal passo perfettamente accoppiato).
La Visione di San Romualdo di Andrea Sacchi (1631; Pinacoteca Vaticana) mostra un Romualdo sveglio che racconta la sua visione ai confratelli e addita la scala (poco visibile). I monaci non si voltano a guardare, ma ascoltano il sant’uomo, con attenzione, pazienza, devozione ma anche, almeno in un caso, con una punta di incredulità. Bello il monaco che, coperto da un confratello, si sporge per vedere bene in faccia Romualdo.
Il Sogno di San Romualdo di Giuseppe Bazzani (1750 ca.; Museo diocesano di Mantova) lascia infine intravedere una solidissima scala, sulla quale i monaci (azzurrini, più che bianchi) salgono agevolmente parlottando tra loro.
La mia preferenza, tuttavia, va a una miniatura di cui, ahimè, non sono in grado di indicare la fonte e che illustra la copertina di Camaldoli e l’ordine camaldolese dalle origini alla fine del XV secolo (a cura di C. Caby e P. Licciardello, Badia di Santa Maria del Monte di Cesena 2014). Il santo vi è raffigurato dormiente e seduto all’interno del recinto, formato dalla foresta, dell’eremo già costruito (magnifico il particolare di quello che interpreterei come sistema di distribuzione dell’acqua alle celle e ad altri due edifici). Dalla sua testa (se non dalla soglia dell’oratorio) parte la scala (mobile) sulla quale i monaci marciano a coppie, lo sguardo fisso all’apertura in alto dove la loro lunga attesa alfine si concluderà.
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- Libro della regola eremitica, 10, in Privilegio d’amore. Fonti camaldolesi. Testi normativi, testimonianze documentarie e letterarie, a cura di C. Falchini, Edizioni Qiqajon, Comunità di Bose, 2007, p. 272.
Splendide immagini! Grazie per tutto e auguri! 🙂
Grazie a te, e tanti auguri per il nuovo anno.
tanti auguri a te e signora!
Grazie! E anche a te!