La solitudine che stiamo attraversando, o più precisamente il senso di solitudine e spersonalizzazione che secondo l’autrice stiamo provando con crescente intensità è un segno, profetico, della necessità che abbiamo di metterci in ascolto delle nostre profondità, per affrontare quella crisi che la situazione attuale, segnata dall’emergenza sanitaria, avrebbe reso dolorosamente palese a ognuno di noi. Una necessità, un’intenzione, una possibilità, un desiderio di ascolto che richiede, per cominciare, anche delle condizioni esteriori: la solitudine, appunto, e il silenzio. In questa prospettiva una strada è stata aperta secoli fa, una strada sulla quale possiamo rimetterci, fiduciosi nei confronti di chi ci ha preceduti: quella del deserto, cioè quella del monachesimo delle origini. Non un monachesimo eremitico tout court, tuttavia, e tantomeno cenobitico, bensì un monachesimo interiorizzato: «La svolta oggi necessaria spinge verso un monachesimo da vivere non più come fuga dal mondo, ma come possibilità di patire il mondo. Nuovo monachesimo sempre più interiorizzato, nascosto dentro i deserti delle nostre metropoli».
Tra gli altri aspetti di rilievo, il libro di Antonella Lumini1, nota per la sua esplorazione della pustinia (la vocazione al silenzio della tradizione ortodossa), si distingue per la chiarezza: alcune pagine sono più «ispirate» di altre, e il loro tono si fa quasi mistico, ma non vi sono mai oscurità, e anche le posizioni meno concilianti sono esposte senza ambiguità. La crisi del monachesimo tradizionale, ad esempio, è dichiarata senza mezzi termini e un cardine come la regola (derivata concettualmente dalla Legge) è posto irrimediabilmente in discussione: «Le chiese sono vuote, molti monasteri chiudono, ma una nuova spiritualità sta fiorendo a livello sotterraneo. La legalità è un problema che riguarda anche le Regole di conventi, congregazioni e monasteri in cui regni una visione ancora legalistica di Dio. Le regole sono basate sul dover-essere, sullo sforzo di volontà. È una visione del mondo che sta crollando». La trasformazione necessaria, l’unica in grado di aprire alla salvezza, secondo Lumini non può venire da strutture, ancorché rinnovate, o regolamenti, bensì dall’«incarnazione dell’amore», il cui orizzonte è quello della comunione, prim’ancora di quello della comunità. Se si volge lo sguardo alle origini, l’identificazione del vero monaco con il cenobita è impropria, la vocazione alla solitudine è originaria e connaturata al concetto di monaco e non va guardata con sospetto: «Se uno si mette in cammino al di fuori di una Regola», rivendica Lumini, evocando san Benedetto e i suoi commentatori, «non significa affatto che voglia fare “quello che desidera”. La vera obbedienza è allo Spirito, che parla nel silenzio e chiede assoluta abnegazione, kenosi».
Oltre a quella dei Padri del deserto, la strada sulla quale l’autrice invita a rimetterci (nella prima parte, per così dire, preparatoria del volume) è quella della tradizione cristiana orientale, con il suo ampio corredo di concetti e «strumenti» che possono aiutarci a ricollegarci con ciò che sta al fondo del nostro cuore: «la memoria della vita divina da cui proveniamo», la realtà occultata dalle immagini e dal rumore del mondo. Traendoli soprattutto dalla Filocalia, l’immenso deposito della sapienza psicologico-spirituale dei padri orientali, «troviamo termini diversi per descrivere la stessa esperienza», pratiche spesso già indicate dal pensiero greco, ma qui finalizzate alla trascendenza, «cristianizzate»: la nepsis (cioè la vigilanza, il raccoglimento, la custodia), l’apatia, l’esichia (la tranquillità, la pace interiore), la preghiera esicasta, il risveglio del senso interiore. «La letteratura patristica», sottolinea Lumini, «diventa nutrimento per lo spirito, favorisce una conoscenza autentica di Dio, non speculativa, ma esperienziale». Conoscenza esperienziale (aggettivo che comporta per me sempre qualche complicazione) cui sono dedicate la seconda e la terza parte del volume.
(1-segue)
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- Antonella Lumini, Monachesimo interiorizzato. Tempo di crisi, tempo di risveglio, Paoline 2021. Per una presentazione del volume, con ampia partecipazione dell’autrice, si può vedere qui, mentre per una testimonianza sulla sua vocazione si può leggere Antonella Lumini e Paolo Rodari, La custode del silenzio. «Io, Antonella, eremita di città», Einaudi 2016.
Grazie! 🙂
Grazie, come sempre, per l’attenzione.
E’ un argomento a me molto caro. Si può dire, senza esagerare, che è stata la mia personale iniziazione. Aggiungo, che, alla luce delle mie esperienze e cultura relativa, quanto espresso da Antonella Lumini, corrisponde molto da vicino – fino ad essere sovrapponibile – a quanto insegnava Gesù il Cristo.
Insegnamento, peraltro travisato pesantemente, dalla Chiesa del potere 🙂
La ringrazio per il commento.
Allora, da un lato potrà sorvegliare che io non dica imprecisioni nel riassumere alcune questioni, dall’altro mi dirà, se vorrà, il suo parere sulle osservazioni che proverò a fare nella parte successiva.