Dice Teresa d’Avila, santa, dottoressa della Chiesa e monaca carmelitana scalza, nel 1566:
Signore dell’anima mia, quando eravate su questa terra, non avete disprezzato le donne, anzi le avete sempre favorite con molta benevolenza ed avete trovato in esse tanto amore e più fede che negli uomini. Infatti, vi era fra loro la vostra santissima Madre, grazie ai cui meriti e per poter portare il suo abito meritiamo ciò che abbiamo demeritato per le nostre colpe… [Signore], nel mondo avete onorato le donne… Vi sembra impossibile che non facciamo qualcosa di valido per voi in pubblico, che non osiamo parlare di alcune verità che piangiamo in segreto e che una nostra così giusta richiesta non venga esaudita da voi? Io non lo credo, Signore, e mi affido alla vostra bontà e giustizia. Voi siete il giudice giusto e non fate come i giudici del mondo – i quali come figli di Adamo sono tutti maschi – che ritengono sospetta la virtù praticata dalla donna. O mio Re, dovrà venire il giorno in cui tutti si conoscono. Non parlo per me. Il mondo conosce già la mia miseria e mi sono rallegrata di ciò in pubblico. Vedo, però, profilarsi dei tempi in cui non esiste più motivo per disprezzare anime virtuose e forti per il fatto che sono donne.
♦ Teresa d’Avila, Cammino di perfezione (codice dell’Escorial), 4, 1, in Opere complete, a cura di L. Borriello e G. della Croce, traduzione di L. Falcone, Paoline 1998, pp. 497-98. «Tutto questo brano è stato cancellato dal censore.»