«A sei anni Chiara entrò con grande entusiasmo nel reclusorio della sorella Giovanna. Ne sentì tanta gioia che per una settimana, perso l’appetito, non mangiò che una mela e un pezzettino di pane.» Come dicevo, la Vita di Chiara da Montefalco di Berengario di Donadio1 è piena di notizie di prima mano su un esempio di bizzocaggio, un «reclusorio», appunto, o «carcere» tipico di quegli anni (1274) nell’Italia centrale. A Montefalco, tra l’altro, nel momento in cui Chiara manifesta l’intenzione di seguire le tracce della sorella, di reclusori ce n’erano quattro, e tutti si sarebbero trasformati (o uniti) in monasteri. È interessante anche osservare che in questo caso la famiglia non era affatto contraria alle aspirazioni religiose dei figli e delle figlie, anzi, il padre Damiano si era occupato personalmente della costruzione del reclusorio, mentre la madre Iacopa, alla morte del marito, si unirà alle figlie.
Orientato alle stelle di penitenza e povertà («vivevano poverissime di offerte spontanee e non cercate»), il reclusorio non ha una dimensione istituzionale definita e non prevede l’emissione di voti, infatti Chiara «benché non avesse fatto professione di obbedienza, dato che il reclusorio non era ancora un monastero con una regola, tuttavia obbediva totalmente alla sorella Giovanna e osservava come fossero di Dio i suoi consigli e ordini». Quell’«ancora» che ho evidenziato è interessante, e forse è tipico più del punto di vista di chi scrive, Berengario, un vescovo vicario, di chi, per così dire, viene scritto, cioè le compagne di Giovanna. L’uomo di Chiesa sembra dire, implicitamente, che quella forma di vita non poteva che essere preludio a una forma più stabile, quando forse le donne penitenti non ne vedevano invece la necessità. Anche i «consigli e ordini» sono interessanti, perché ci dicono del ruolo di Giovanna, la «rettrice», che, pur senza lo status di badessa, incarna quella che non è, formalmente, una vera e propria regola. Nel reclusorio, ad esempio, si osserva il silenzio da compieta all’ora terza del giorno dopo, e questo avviene «per abitudine e comando della rettrice»; Giovanna distribuisce i compiti, e infatti Chiara «accoglieva con riverente umiltà il comando della rettrice riguardo ai servizi» (lei poi doveva far di più – «volendo obbedire più all’intenzione che alla voce» –, ma questo è un altro discorso); Giovanna assegna le penitenze (e ha un bel da fare a contenere gli eccessi della sorellina).
Passano gli anni, non pochi, a riprova forse che le penitenti non trovavano nulla di sbagliato nella loro forma di vita. Giovanna, infine, intorno al 1289 stabilisce che la comunità2 abbandoni il reclusorio e trovi un posto dove fondare un monastero (l’autore sottolinea con compiacimento che ciò avviene per ispirazione divina). Il luogo viene individuato, e con fatica rivendicato; e quella che è ancora una «casa» viene ordinata «a modo di monastero». Gli inizi sono difficili e la rettrice decide che le sorelle escano per elemosinare («si dovette affidare ad alcune l’incarico di mendicare il pane di porta in porta»), cosa che non avrebbe più potuto fare di lì a poco. Circa un anno dopo, infatti, «ordinato un poco il luogo che era stato costruito per essere monastero, Giovanna e le altre religiose chiesero al vescovo diocesano una delle regole approvate».
Il vescovo concede, nel giugno del 1290; la regola assegnata è quella «più moderata, cioè quella del beato Agostino»; fine del bizzocaggio, il Monastero di Santa Croce è eretto; Giovanna ne è la prima badessa, ma, «afflitta secondo la natura umana», muore quasi subito; nel 1291, a 22 anni, nonostante se ne ritenesse del tutto indegna, Chiara viene eletta badessa.
(1-segue)
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- Berengario di Donadio, Vita di Chiara da Montefalco, a cura di R. Sala, o.s.a., note di S. Nessi, Città Nuova 20093.
- «Già le Rinchiuse arrivavano al numero d’otto, ed erano le infrascritte Giovanna di Damiano, Chiara di Damiano, Andriola, Tomasa d’Angelo, Marina di Giacomo, Paola di Gualtario, Illuminata di Giovannello, Agnese di Tadione, tutte da Montefalco. Queste otto Vergini per la piccolezza del Reclusorio, parevano più tosto sepolte, che rinchiuse», dalla Vita della B. Chiara detta della Croce da Montefalco di Battista Piergili, 16632.