24. Nel bellissimo racconto Notte inquieta di Albrecht Goes, del 1950, a un certo punto il cappellano militare protestante protagonista della storia decide di tenere un sermone all’interno di una prigione. È una sera molto fredda dell’ottobre 1942, il cappellano si trova a Proskurov, in Ucraina, al seguito dell’esercito di invasione tedesco. Fa convocare i detenuti in una cella libera e «già sentivo come i prigionieri arrivavano, come i loro passi risuonavano nel buio; era davvero buio, una lampada a petrolio ci illuminava fiocamente. Strana è la capacità migratoria dell’anima: un rumore isolato basta a ridestare tutta un’età del passato. Dove mai avevo udito risuonare i medesimi passi? Presso i frati del convento di Beuron quando la sera percorrevano il corridoio ed entravano nella chiesa buia per la compieta: “Che l’Onnipotente ci conceda una notte tranquilla e una morte beata”». (Albrecht Goes, Notte inquieta, traduzione di R. Leiser, marcos y marcos 2011, p. 46.)
25. Si possono prendere ad esempio gli imprescindibili Sonetti anacreontici, per l’ingresso alla Religione della Nobil Damigella Laura Controni, che il p. Antonio Tommasi della Madre di Dio diede alle stampe a Lucca nel 1697, e che poi ristampò nella sezione «Boscherecce» delle sue Poesie, ridate a Lucca nel 1735. Vi si possono leggere versi come questi: «Già d’Amor fatta compagna / vien con voi l’umil mia Musa, / e cantando oggi alla chiusa / chiostra, o Laura, v’accompagna. // Ma se ben spesso la bagna / mesto pianto, e in se confusa, / chi vi toglie al mondo accusa, / e col Ciel forte si lagna». E sono versi come questi che a un certo punto al Parini non vanno più giù:
Andate alla malora, andate, andate,
e non mi state a rompere i…
io non vo’ più sentir queste sonate.
Che vestizioni, che professioni?
Doh maladette usanze indiavolate!
Possibil, che dottor non s’incoroni,
non si faccia una monaca o un frate,
senza i sonetti, senza le canzoni?
Che debb’io dire? che costei le spalle
ardita volge ai tre nemici armati,
ch’alla cella se ‘n va per dritto calle?
Ch’amor disperasi, e gl’innamorati…?
E dalle, e dalle, e dalle, e dalle, e dalle,
con questi cavolacci riscaldati!
Come dire? Ha sbroccato.
(Il sonetto del Parini è l’ottantesimo da Alcune poesie di Ripano Eupilino, Milano 1752.)