La cosa migliore da fare sarebbe citarla integralmente, la brevissima «Introduzione alla Regola di San Benedetto» di Benedetto Calati, o invitarne alla lettura chiunque sia interessato all’argomento. Nella mia beata ignoranza, ho scoperto il suo autore qualche settimana fa grazie a Raniero La Valle, che lo cita spesso, e lo addita, nei suoi libri. Novizio a Camaldoli nel 1930 (a sedici anni), superiore di San Gregorio al Celio negli anni Cinquanta e Sessanta, docente e infine priore generale dei camaldolesi dal 1969 al 1987, Benedetto Calati è morto esattamente dieci anni fa, dopo aver rinnovato profondamente la vita del suo Ordine, cercato di tradurre nella pratica l’impulso del Concilio, coltivato intensi legami tra gli altri con Turoldo, Lazzati, Gozzini e Balducci, e dialogato con molti non credenti come Rossanda e Ingrao (campo minato, questo, per la verità). Un discreto grande, insomma. Un camaldolese attivo nel suo presente.
Il volumetto in questione raccoglie cinque scritti apparsi negli anni Settanta su «Servitium», la rivista dei serviti di Fontanella di Sotto il Monte, fondata da Turoldo. Sin dalle prime righe del primo di essi (L’esperienza di Dio nel monachesimo benedettino) si sente che l’aria è diversa, perché qualsiasi riferimento alla tradizione patristica (Gregorio Magno in particolare) o alla Scrittura è riportato su un terreno di assoluta concretezza, perché il confronto con la secolarizzazione è accettato di slancio, perché le critiche all’involuzione di certo monachesimo sono chiare, perché, infine, il destinatario della riflessione è la comunità, quella dei monaci, certo, ma anche quella degli esseri umani, tutti.
La Regola come strumento di esperienza, di conversione e di ascolto («Il primato dell’ascolto è la costante della Regola… sin dalla prima parola ausculta») è la chiave della «ricerca» benedettina. Va da sé che il priore si riferisca alla ricerca di Dio, ma è comunque impressionante sentirlo insistere sul carattere indefinito di tale ricerca – come se, mi verrebbe da dire, Dio non esistesse se non nel di lui «inseguimento» da parte dell’uomo: «È un fatto che nel cristianesimo non c’è vera esperienza di Dio che non sia una costante ricerca di lui» – e, mi verrebbe da aggiungere, se è costante vuole dire che non raggiunge mai il suo traguardo, e cosa c’è di più laico di una ricerca infinita? Una ricerca, ancora, che va condotta qui, poiché «l’esperienza di Dio nel cristianesimo, quali che siano i diversi carismi, non potrà mai fare a meno del mondo».
La lettura della Regola, condotta in parallelo con la Vita di san Benedetto di Gregorio Magno, si spinge anche al suo pieno superamento, oltre il «nozionismo» teologico, oltre gli «orpelli sacrali di strutture e forme, con relative risposte moralistiche e devozionali», oltre l’ascetismo, oltre insomma qualsiasi pretesa legalistica in vista della sua autentica meta, che è la carità: non la contemplazione, bensì la carità perfetta, che ha bisogno di una comunità, altrimenti non si dà. In questo senso la legge, ogni legge, è provvisoria; il culto è provvisorio; l’autorità è provvisoria (e quindi va smitizzato il «paternalismo abbaziale, il suo potere assoluto»), «ma altro è la provvisorietà dell’uomo e delle cose del mondo, altro è la fuga dalla storia, che è distruttiva di ogni vera esperienza di Dio».
Il discorso di Benedetto Calati è, per così dire, sprofondato nella fede, nella fede nella Parola soprattutto e nella prospettiva della salvezza, non potrebbe essere diversamente, tuttavia anche «da fuori» le sue parole restano comprensibili e aperte. Quando leggo che «la visione cui si apre l’esperienza di fede di Benedetto non è affatto un’intuizione di Dio causa prima, o un’intelligenza della nozione metafisica di Dio, bensì è una visione del mondo», bene, penso, tra visioni del mondo (entro certi limiti) ci può essere dialogo. Quando leggo che «più che a una dimensione trascendente di Dio che può far evadere dalla realtà concreta e storica, la fede conduce all’esperienza di Dio che è comunione con la storia dell’uomo», bene, mi dico, se ne può discutere. E anche della carità, dell’amore, se ne può discutere.
Benedetto Calati, Esperienza di Dio libertà spirituale. Introduzione alla Regola di San Benedetto, Servitium 2001.