Eugendo (Eugendus, Augendus, Oyand) di Condat, 449 ca. – 510, quarto abate dell’omonima abbazia, nell’Alto Giura. Condotto al monastero all’età di sette anni dal padre sacerdote, non se ne allontanò più sino alla morte. Umilissimo e colto, sapeva di greco oltre che di latino, diventò abate intorno al 496, diede lustro e rilievo a Condat e svolse un ruolo significativo nello sviluppo in direzione cenobitica della vita monastica in Gallia. Terzo nelle Vite dei Padri del Giura, dopo i fondatori Romano e Lupicino, faceva esorcismi, piangeva spesso e, stando agli agiografi, aveva molte visioni, soprattutto nei momenti cruciali: visione, e il padre si decide a portarlo alla scuola dei monaci; visione, e i confratelli che dicono che è troppo giovane per fare l’abate vengono messi a tacere; visione, e tre importanti reliquie arrivano all’abbazia. Ma fu una saggia decisione, dettata dalla necessità, e non una visione, a spingerlo al gesto per il quale è ricordato. Una notte, infatti, scoppiò un incendio ed Eugendo raccolse i monaci fuggiti dalle loro celle, in legno, in un unico vasto locale affinché potessero ripararsi: era nato il dormitorio. E quando ricostruì l’abbazia, in pietra, Eugendo mantenne l’innovazione, allontanandosi definitivamente dalla tradizione di origine orientale che prevedeva celle separate. Sai che roba, si dirà. Be’: «l’abbandono di questa abitazione solitaria, che si produsse a Bisanzio come in Occidente attorno al Cinquecento, è l’avvenimento maggiore della storia del cenobitismo in questi primi secoli» (Adalbert de Vogüé).
(Isabel Moreira, Dreams, visions, and spiritual authority in Merovingian Gaul, Cornell UP 2000; Adalbert de Vogüé, Il monachesimo prima di san Benedetto, Abbazia San Benedetto di Seregno 1998.)
San Eugendo abate si festeggia il 1° gennaio.
Chissà se fu veramente un’innovazione… (di fatto presto ritornarono alle celle singole, se non sbaglio)