La caraffa frantumata (il secondo libro dei «Dialoghi» di Gregorio Magno)

 Il secondo libro dei Dialoghi di Gregorio Magno è occupato per intero dalla vita di Benedetto da Norcia1, «uomo di vita venerabile, Benedetto di nome e per grazia, che fin da ragazzo aveva il cuore di un vecchio (ab ipso pueritiae suae tempore cor gerens senile)». «È questa», ci ricorda Salvatore Pricoco, «la prima e per lungo tempo unica testimonianza su san Benedetto, che – a differenza di altre figure della storia monastica di questa età, quali Cesario di Arles o Cassiodoro – non ha scritto di sé e sul quale nessuno dei contemporanei ha lasciato un solo cenno.» L’ordine e l’universo benedettino sono realtà ancora molto lontane e anche la mirabile Regola («una regola per i monaci, esemplare per la discrezione, brillante per la forma», dice Gregorio in una breve menzione) è solo una tra le tante che circolano all’epoca, e di certo non la più diffusa, anzi. Come il resto dei Dialoghi, anche la Vita e miracoli del venerabile abate Benedetto (questo il titolo completo) è stata oggetto dapprima di una diffusione senza pari2 e poi di uno studio indefesso, che ha portato alla messa in discussione della paternità autoriale di papa Gregorio. La questione si potrebbe dire ancora aperta, anche se la mozione di un autore anonimo (il cosiddetto «Dialoghista»), che avrebbe scopiazzato da varie opere del pontefice, utilizzandone anche degli scritti per così dire inediti, mi pare sia da considerarsi di minoranza.

Le pagine famose, belle, interessanti o gustose sono innumerevoli, la più nota e commovente essendo forse quella dell’incontro di Benedetto con la sorella Scolastica. Oggi mi prendo qualche libertà con la storia raccontata nel capitolo 3, La caraffa di vetro spezzata con un segno di croce.

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Benedetto ha lasciato Roma, è vissuto circa tre anni in solitudine a Subiaco, ha superato diverse prove e comincia a essere conosciuto nei dintorni «per la fama della sua eccellente condotta di vita». Una comunità di monaci dei dintorni, rimasta senza abate, gli si rivolge: Vieni da noi, ti preghiamo, guidaci tu. Benedetto esita: Guardate che non può andare, siamo troppo diversi voi ed io… E quelli insistono, no, no, dai; Benedetto acconsente, ma poi non dite che non vi avevo avvertito.

Benedetto si installa e cambia musica, subito, proibendo tutte le storture che quelli «erano soliti fare prima». In capo a qualche giorno, i monaci sclerano; prima si accusano a vicenda: noi non lo volevamo come abate, voi avete insistito, e questo è il risultato, complimenti! Poi, «siccome è difficile per una mentalità ormai invecchiata costringersi a pensare in modo nuovo», «si dettero a ricercare il modo di ucciderlo» – risolviamo alla radice.

Detto fatto. Gli avveleniamo il vino, ma quando gli viene posto dinanzi, affinché com’era usanza lo benedica, Benedetto traccia il segno della croce e la caraffa, «che pure era tenuta un po’ discosta da lui», va in frantumi. Benedetto capisce, si alza, non si scompone e si rivolge ai monaci: Ma siete matti?! Che Dio vi perdoni! Ve l’avevo detto, no?, che non avrebbe funzionato! «Andate perciò a cercarvi un abate adatto a voi, perché dopo questo incidente [chiamalo incidente] non potete più avere me.» Vi saluto, me ne torno nella mia grotta.

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Sollecitato dal suo interlocutore, Pietro, Gregorio ne approfitta per svolgere una questione che lo tocca da vicino. Benedetto ha fatto bene a non insistere, anche se andandosene ha abbandonato i monaci alla loro malizia. La situazione era irrimediabile e se Benedetto si fosse incaponito, si sarebbe consumato inutilmente «giorno dopo giorno nello sforzo di correggerli» e avrebbe finito per trascurare la propria anima e magari perdersi. Ed ecco la massima riassuntiva che Gregorio in fondo, con malcelata mestizia, rivolge a se stesso: «Ogni volta infatti che ci facciamo trascinare troppo fuori da noi stessi perché agitati dai pensieri, continuiamo a essere noi ma non siamo più con noi perché, perdendo di vista noi stessi, ci disperdiamo di qua e di là».

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  1. Gregorio Magno, Storie di santi e di diavoli (Dialoghi), volume I (Libri I-II), introduzione e commento a cura di S. Pricoco, testo critico e traduzione a cura di M. Simonetti, Fondazione Lorenzo Valla / Mondadori 2005.
  2. «I Dialoghi sono stati accompagnati per secoli da una fortuna quale pochi scritti di età altomedievale, o forse nessuno, hanno avuto» (Pricoco).

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