Dice Paolino di Nola, monaco e vescovo, intorno al 396:
Benché noi e tutti i viventi abbiamo avuto in dono un’unica sostanza per il corpo, non siamo tuttavia revocati nel nulla appena liberi dalla morte, senza anima come saremo dopo il disfacimento della carne; ma, al suono della tromba finale, mentre la terra da ogni parte ricomporrà i nostri corpi dai semi dispersi, noi, ricostituiti novellamente nel corpo, nella mente e nell’anima, secondo l’antica compagine, andiamo dinanzi alla presenza del Signore Dio. Se dubiti che le ceneri possano essere raccolte per i nostri corpi e le anime possano ritornare nel loro vaso, ti sarà buon teste il profeta Ezechiele, al quale da tempo è stato rivelato il fenomeno della risurrezione per opera del Signore. Nella sua lettura contemplerai in piena misura come gli impercettibili frammenti di uomini antichi riescano a riprendere vita, e come le ossa disperse in lungo e in largo per l’estesa spianata acquistino un autonomo moto diretto alla propria compaginazione. Vedrai tornare le innervature degli intimi midolli e subito ornare di carne la cute rinnovellata e infine, in un batter di ciglia, ricomposte le membra alla perfezione, uomini nuovi risorgere dalla stanca polvere.
♦ Carme XXXI, Per la morte del fanciullo Celso, 301-20, in Cipriano di Cartagine, Paolino di Nola, Uranio, Poesia e teologia della morte, a cura di M. Ruggiero, Città Nuova 1984, pp. 65-66.