«Molti di noi pensano che Dio ci abbia abbandonato in questo momento in cui siamo chiamati dallo stesso Signore a vivere il carisma cistercense.» Una frase del genere non può lasciare indifferente chi si dichiara «interessato» al monachesimo, tantomeno chi è vicino a esso, figuriamoci chi ne fa parte.
A maggior ragione se si considera che ad averla pronunciata è stato l’abate generale dei trappisti, d. Bernardus Peeters, nel corso di una riunione della Regione Oriens (Filippine, Indonesia, Giappone, Hong Kong e Australia) dell’Ordine, il 7 maggio scorso. Ho potuto leggere il testo della sua conferenza sul numero 2 di quest’anno del semestrale «Vita Nostra»1, e ne sono rimasto assai impressionato. È difficile sottrarsi all’impressione che l’abate generale si sforzi di trovare una «chiave di lettura» positiva, o quantomeno «teologicamente sostenibile» di quanto sta accadendo al suo Ordine, al monachesimo tutto. Si sforzi «disperatamente»? No, disperatamente no, poiché la speranza, anche nel buio sempre più fitto, è inseparabile compagna della sua fede. Diciamo allora che si sforza con uno slancio verso il futuro che gli è imposto anche dal suo ruolo. D’altra parte sono i suoi stessi monaci a chiederglielo: «Ricevo lettere da fratelli e sorelle che non sanno più dove dobbiamo andare… Desiderano nuovi percorsi, ma si sentono intrappolati nell’oscurità del presente. Si aspettano da me, dall’Ordine, una maggiore iniziativa per intraprendere qualcosa di nuovo… “Per favore, enfatizza il positivo e dacci speranza!”» E l’abate generale lo fa.
Lo fa esplorando cinque «movimenti» nei quali vede «lo Spirito Santo attivamente presente» nella vita dell’Ordine, senza tuttavia per questo nascondere le corrispondenti difficoltà. Cominciando dal «coraggio di abbracciare la nostra vulnerabilità» (che potrebbe quasi sembrare un eufemismo), si viene a sapere, ad esempio, che nel 2022 è stato promulgato uno «Statuto per l’accompagnamento delle comunità fragili», che invita a vedere nella vulnerabilità un’opportunità di rinnovamento e che, tra le altre cose, evidenzia un percorso in cinque «ben note fasi», che ricordano molto i cinque momenti dell’elaborazione del lutto definiti dalla psichiatra svizzera Elisabeth Kübler-Ross: «Sono le cinque fasi della morte annunciata», commenta l’abate generale con crudo realismo. Lo Statuto introduce anche la figura del Commissario monastico, il cui «primo e principale compito» è quello di cercare insieme alle comunità in crisi (undici al momento quelle «commissariate») una via di rivitalizzazione o di riconoscere l’eventuale inevitabilità della chiusura: perché «alla fine, quindi, si tratta di vivere e di morire con dignità».
Gli altri «movimenti» individuati dall’abate generale sono la crescita delle collaborazioni innovative tra diversi monasteri (un solo esempio: la condivisione del noviziato fra tre abbazie); la presenza comunque di qualche nuova fondazione; l’importanza sempre maggiore del ruolo delle monache, espressa con una formula prudentissima ac evidentissima: «La crescente consapevolezza della complementarità tra uomini e donne nell’Ordine»; infine, il senso di corresponsabilità collettiva: «L’attuale fragilità delle comunità di tutto il mondo ci ha fatto anche capire che esiste una responsabilità condivisa da tutti i membri di una comunità e da tutte le comunità dell’Ordine».
Le conclusioni dell’abate generale sono, come richiesto, piene di punti esclamativi incoraggianti, ma a me è parso ancor più coraggioso, per un monaco nella posizione di d. Peeters, aver lasciato trasparire da tutto il testo la sensazione di trovarsi per così dire sull’orlo dell’abisso. «Forse è giunto il momento di cercare di nuovo le parole per formulare la nostra missione nella Chiesa e nel mondo di oggi, per dare una direzione alla nostra vita», ammette l’abate generale, là dove il sottinteso e ben più drammatico di quanto chiaramente espresso.
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- Bernardus Peeters, ocso, Credo in Spiritum Sanctum, Dominum e vivificantem. Credo nello Spirito Santo, il Signore, il datore di vita. Come lo Spirito Santo è all’opera nella vita dell’Ordine oggi, in «Vita Nostra» XIV (2024), 2, pp. 3-15.
