O grande fiume (Dice il monaco, CXXXI)

Dice Ugo di San Vittore, monaco agostiniano, intorno al 1130:

Sarebbe lungo dimostrare a una a una le vanità di questo mondo. Sappi tuttavia che di tutte queste cose che vedi, nulla è permanente, ma tutte passano e ritornano là dove sono nate. Come hanno un inizio, tutte le cose hanno anche una fine, ma vi si affrettano diversamente e non ugualmente vi arrivano. Alcune sono sorte di recente, altre sono già perite da tempo, altre transitano nel mezzo, altre ancora seguono quelle già nate, eppure tutte scorrono insieme e tendono a un unico luogo. O grande fiume, dove sei trascinato? La tua sorgente è piccola, sgorghi da una fonte esigua, scaturisci da una modesta vena. Corri e ingrossi, discendi e sei assorbito. Corri, ma verso il basso; ingrossi, ma verso la rovina: vieni e passi, e tuttavia defluisci, e sei assorbito. O vena che non ti esaurisci, o corso che non trovi riposo, o abisso che non ti colmi! Quanto la vanità sottomette! Quanto la mortalità trascina, tanto la morte insanabile inghiotte!

Quantum vanitas subjicit! Quantum mortalitas trahit, tantum insanabilis mors deglutit!

♦ Ugo di San Vittore, De vanitate mundi, PL 176, 711 A-B.

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