Dice Giovanni Climaco, eremita e poi cenobita, verso la metà del VII secolo:
Perché spesso succede che, quando mangiamo in abbondanza e siamo sazi di cibo, riusciamo a vegliare con la mente lucida, e quando digiuniamo e soffriamo la fame, crolliamo miseramente nel sonno? Perché, quando restiamo nell’esichia e nella solitudine, i nostri cuori s’induriscono, e quando stiamo in compagnia di altri, raggiungiamo la compunzione? Perché, quando siamo affamati, siamo tentati durante il sonno, e quando siamo satolli, non subiamo tentazioni? E perché, quando siamo nell’indigenza, diventiamo tenebrosi e incapaci di compunzione, e quando beviamo del vino, diventiamo radiosi e inclini alla compunzione?
In queste cose, chi dal Signore ne ha ricevuto la capacità, illumini chi è senza luce, perché noi su tali questioni non siamo stati illuminati. Possiamo soltanto dire che alterazioni come queste non sono sempre frutto dell’azione dei demoni, ma a volte anche del temperamento che ciascuno di noi ha ricevuto e di questa pinguedine sordida e golosa che – non so come mai – ci avvolge.
♦ Giovanni Climaco, La scala, XXVI/2, 14, traduzione e note di L. d’Ayala Valva, introduzione di J. Chryssavgis, Edizioni Qiqajon, Comunità di Bose, 2005, pp. 383-84.
